Da buon vecchio militante della sinistra, “desideroso di tornare a sognare in nome del grande popolo” ex comunista, vorrebbe fisicamente metterli a sedere “attorno ad un tavolo”. Pur di farli cominciare a “costruire la nuova casa di un soggetto organizzato” alternativo al PD di Renzi.
Li inchioderebbe, “se fosse concesso ad un vecchio militante”, esercitando una coazione non tanto fisica quanto ideale, pur di metterli a sedere in “un impegno comune, convinto e appassionato”, contro le “ragioni che dividono rispetto a quelle che uniscono”.
Lui oggi è scrittore di successo ma è stato, e rappresenta tuttora, uno dei dirigenti aretini più significativi della sinistra che fu.
Tito Barbini, collocato non più nel PD ma con gli scissi , negli anni è stato ai massimi livelli, prima come sindaco comunista di Cortona, poi come presidente della Provincia – quando l’Ente sovracomunale era nelle sue fulgore e possanza – e, come assessore di grosso calibro spicco ed influenza in Regione Toscana.
Avvistato sabato scorso al GayPride, ha affidato alla agenzia giornalistica toscana, Impress – che la pubblica on line in queste ore – una “virtuale lettera aperta da vecchio militante” ai vari Bersani, D’Alema, Civati, Speranza, Pisapia, Zagrebelsky.
Lettera in cui il Barbine dice loro “Non potete deluderci” nell’intraprendere a “costruire quell’alleanza che esprima alla sinistra del PD un soggetto organizzato unico ma plurale”.
Da buon vecchio militante li vorrebbe mettere fisicamente a sedere.
Però:
da ex amministratore pubblico dimentica che un dirigente, anche se ex, non può mettere fisicamente a sedere nessuno. Lo vieta una sentenza della Corte di Cassazione, la quale dal 2013 stabilisce che nessuna norma dà una simile facoltà.
Non sappiamo se questo dictum della Cassazione valga anche in politica.