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sabato, Marzo 30, 2024
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La Civiltà dell’Abusivo

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Ciclisti che bloccano il traffico, ciclisti sui marciapiedi, parcheggi selvaggi, spesso in posti auto riservati agli invalidi, investimento di pedoni sulle strisce pedonali, auto che non si fermano neanche davanti a invalidi che attraversano, auto che sorpassano altre auto ferme per far passare i pedoni, chi passa col rosso, auto posteggiate in doppia e tripla fila in prossimità di incroci, se non addirittura in spazi verdi, mentre i parcheggi a pagamento restano spesso vuoti: molto più facile posteggiare a “membro di quadrupede”, come ha giustamente osservato qualcuno. Per non parlare di chi infrange il codice stradale congestionando vie intere.
I “vigili urbani” si chiamano ora “polizia municipale” . Non più “vigili”.
Forse perché non vigilano più su tali irregolarità, ma si limitano a fare (sacrosante) multe ad automobilisti momentaneamente assenti, salvo preziose eccezioni.

Rifiuti abbandonati accanto ai cassonetti, garage condominiali infestati da rifiuti ingombranti da anni, piazzole di sosta dove ultimamente il rifiuto era nientemeno che un autobus – targato SI (vedi puntata di “Sportello Reclami”). Anche a fare la spesa, tocca scontrarsi con carrelli abbandonati per i reparti, nel menefreghismo più totale, persone che ti scavalcano al banco dei salumi o del pane. Non c’è fascia d’età che si salvi.

I più giovani sono diventati ormai abili – come nota Luciano Petrai – a imbrattare i muri con la loro demenza precoce, soprattutto in centro storico, e – ahimé – anche sulle antiche mura cittadine se non della stessa Fortezza Medicea: probabilmente troppi calci in culo non dati dai genitori.

Mi fermo qui e non proseguo con gli svariati esempi che potrei portare.
Pare quindi inutile prendersela con il potente di turno (a prescindere dalla bandiera politica) se questi non fa altro che essere lo specchio di cotanta società. Ultimamente va di moda dire “padroni a casa nostra”. Ma padroni di cosa?
Con sentiti conati,
Dario Mencucci

PS. La fotografia dell’alto senso di appartenenza a una civiltà più che evoluta, eccola:

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Pietro Aretino
Pietro Aretino
« Qui giace l'Aretin, poeta Tosco, che d'ognun disse mal, fuorché di Cristo, scusandosi col dir: "Non lo conosco"! » (Ironica epigrafe indirizzata all'Aretino da Paolo Giovio[1]) È conosciuto principalmente per alcuni suoi scritti dal contenuto considerato quanto mai licenzioso (almeno per l'epoca), fra cui i conosciutissimi Sonetti lussuriosi. Scrisse anche i Dubbi amorosi e opere di contenuto religioso, tese a farlo apprezzare nell'ambiente cardinalizio che a lungo frequentò.

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