Il saluto del barista o della di lui moglie, l’odore del caffè, quel tanfino che è un misto di puzzini riconoscibile, ma non ben identificabile.
Due parole inutili sul tempo o il calcio, quando ancora si giocava.
Lo sguardo lanciato ai giornali per dare un’occhiata alla cronaca di Arezzo, immancabilmente sequestrata; sempre tra le grinfie del pensionato di turno che leggeva (col ditino sotto le parole), la cronaca del giorno alla velocità di un bradipo.
Tutto questo ci manca, insieme alla pizzetta del giorno prima, ai Boeri dell’anno scorso e al panino con l’affettato in bellavista fuori, ma non dentro.
Il pensionato del bar, da non confondersi con quello da cantiere, più tecnico e meno tuttologo, ha un aspetto amichevole che però nasconde un accaparratore di giornali infido.
Ti porgeva quasi sempre la parte “nazionale” de La Nazione, quella che non interessava a nessuno.
E tu finivi immancabilmente per guardare, fingendo di leggerlo, La Bancarella, il giornalino per la pubblicità delle attività commerciali locali.
In mano una bigné con la crema alla nocciola che a volte non c’è, altre scoppia al primo morso imbrattandoti le mani o le scarpe, o tutte due.
Ci manca quel passaggio obbligato al bagno del bar, quando ti scappava una pisciata che se non la facevi non ti lasciava godere il caffè.
Quel WC color Tortora involontario, più scuro a chiazze, tanto amato in particolare dalle donne.
Ci manca il barre, c’è poco da dire, con l’imbianchino sulla porta che fa il verso di andarsene, ma lancia serie di maledizioni contro il governo di turno rivolgendosi all’idraulico al banco. 😥
E perché il Lucertola non manca con i suoi expolit in centro, o le sue apparizioni in periferia?
Bei tempi andati…
Di corpo.