L’ultima follia in tema di utero in affitto è di poche settimane fa: l’attrice spagnola Ana Obregon sarà contemporaneamente mamma e nonna.
Alla veneranda età di 68 anni la signora si è voluta togliersi lo “sfizio” di avere un pargoletto.
Non potendo, per ovvie ragioni anagrafiche, avere lei un figlio, ha pensato bene di esaudire il desiderio di suo figlio che, morto a causa di un tumore, prima di morire aveva espresso il desiderio di avere un erede, lasciando a disposizione il seme per il suo utilizzo.
Ovviamente l’attrice ha subito pensato di impiantare il seme su una madre surrogata, che si è portata nel suo grembo la piccola creatura per i fatidici nove mesi, per poi consegnarla, come si fa con un qualsiasi prodotto, nelle braccia della signora che ha richiesto questo orribile servizio.
Come sempre, in queste squallide situazioni, i desideri degli adulti vengono sempre prima dei diritti del bambino, che in questo caso viene addirittura programmato e poi concepito già orfano di babbo e mamma, ed casomai con una non meglio definita mamma/nonna che speriamo rimanga giusto il tempo in vita per vedere crescere questa creatura.
Ovviamente a tristezza si aggiunge tristezza perchè, come da contratto profumatamente pagato, la madre che ha portato in grembo la bambina, scompare all’orizzonte dopo il parto, il suo lavoro è stato eseguito e ricompensato, puo’ andare e lasciare in altre braccia la bambina-merce.
In questo strano occidente, decadente e barbarico e che assolutamente non mi appartiene, in troppi, vittime di commoventi racconti tipo quello di Nicky Vendola, non hanno forse ben chiaro la tristezza della pratica dell’utero in affitto: i bambini non si comprano, non si vendono e non si regalano.
E le donne non devono essere sfruttate per il loro utero.
Il punto è che i desideri degli adulti non dovrebbero mai prevalere sui diritti dei bambini.
L’utero in affitto è una sofisticata e atroce idea di business, di nuovo schiavismo, ammantato furbescamente dalla parola “amore”.
Un “amore tossico” che non fa riferimento al bene della nuova vita che nascerà, ma soltanto ai desideri egoistici dei singoli individui; adulti che puntano alla loro personale cupidigia e smania di essere “come gli altri” anche se sanno benissimo di non essere “come gli altri”.