I 40 anni della legge 180 sui manicomi è stata ricordata da Progetto 5 all’Eden, come era prevedibile senza grande partecipazione della città, come del resto era stata la riforma Basaglia.
Eppure Arezzo ha avuto negli anni ’70 un ruolo importante e stranamente precursore per una città chiusa e spesso ripiegata su se stessa.
Aprire i manicomi non era semplice, non era facile, perché i “normali” ( ma cosa è normale?) fuori erano sospettosi, paurosi e perché non volevano confondersi con i “malati di mente”.
Non ha aiutato, in quel periodo, il fatto che quasi tutti i medici venissero da fuori tanto che alcuni parlavano di “occupazione” della città.
Ma forse è stata proprio la determinazione di alcuni di loro guidati dal Dr. Pirella che ha consentito il raggiungimento di diversi risultati nel campo del diritto e della integrazione dei malati.
Perché dobbiamo ricordare che in certi anni la “diversità” era di per sé una malattia e non era infrequente rinchiudere anche chi disturbava il decoro sociale.
Nel saluto dell’assessora Tanti si notava la distanza che esiste tra una procedura rivoluzionaria ed una amministrazione conservatrice che spesso fa della paura un leit motif.
Anna Franca Rinaldelli ha raccontato le difficoltà che gli operatori avevano in quegli anni ma con la caparbietà che ha permesso di dare a persone disturbate una vita più decente anche grazie a persone illuminate come il sindaco Aldo Ducci che rese operativa una norma per cui il 4 per cento dell’edilizia popolare veniva assegnata all’utilizzo di case famiglia per queste persone che diventavano così da “oggetti in cura” a “soggetti che partecipano alla cura”.
Ma nella malattia mentale i pregiudizi restano e come ha ricordato il dr. Cesare Bondioli, l’attuale degrado del Pionta, che ora raccoglie altre diversità, sembra essere la prosecuzione di politiche che rinchiudono invece di aprire, che escludono invece di integrare.
Eppure, come cantava De Andrè:
Tu prova ad avere un mondo nel cuore
E non riesci ad esprimerlo con le parole
E la luce del giorno si divide la piazza
Tra un villaggio che ride e lo scemo che passa…
Grazie Sig. Petrai dell’invio;
Lei era seduto tra il pubblico, se non sbaglio.