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lunedì, Aprile 1, 2024
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Sacerdoti: ad averne così!

Riflessione su cosa è stato mercoledì 15 settembre

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Scrivere una riflessione a ridosso della festa sarebbe risultata una delle tante.
Riflettere su cosa è stato mercoledì 15 febbraio, al di là del bagno di folla, che ci è stato e che in tanti chiamano devozione, noi abbiamo preferito soprassedere qualche giorno per avere chiare le idee.

Il 15 febbraio è il giorno più caro della città di Arezzo perché è il giorno dedicato alla Madonna del Conforto a cui lega una devozione profonda, sincera ed antica.

A sostare in preghiera davanti alla piccola icona della Vergine, nella cappella a Lei dedicata, tantissimi fedeli così come tanti partecipano alle sante Messe che, fin dal mattino, si susseguono fino a notte fonda.
I fedeli aretini si affidano a Lei affinché li sorregga nel cammino personale.
Così è fin da quel 1796!

Dicevamo devozione e non folclore come potremo essere tentati a dire per l’incontenibile folla che partecipa in tutto l’arco della giornata ed in particolare ci riferiamo alla prima messa, quella delle 6 del mattino che, contrariamente a quanto si possa pensare, è una delle più partecipate e lì, diciamo noi, è davvero manifesto quel sentimento di sincera devozione che lega gli aretini alla Madonna del Conforto.

Da alcuni anni, in particolare, questa messa mattutina del 15 febbraio richiama un elevato numero di fedeli, è una delle celebrazioni più seguite anche e soprattutto, e qui aggiungiamo la nostra personalissima interpretazione, perché ad officiare uno di quei sacerdoti che, alle passerelle ed ai riflettori, ha sempre preferito la sobrietà delle azioni nonché svolgere in silenzio il proprio ministero.
Inoltre, la sua preparazione nonché la semplicità di trasmettere la parola lo rendono un punto di riferimento.

A chi ha avuto modo, come noi, di assistere alla celebrazione non può non aver apprezzato l’omelia dove la parola chiara e diretta ci ha subito preso per mano e guidato a riflettere:

La festa di Maria Madre del Conforto è sempre un’occasione propizia perché noi possiamo guardare alla nostra vita e alla nostra storia con intelligenza e con fede.
Siamo estremamente grati del dono che ci viene fatto perché essere ai Suoi piedi ci mette sempre nella situazione di riflettere sulla relazione che c’è tra conforto e speranza…
”.
Ed ancora “Maria soffre per la missione che svolge; accetta di fare la sua parte e di non sottrarsi alle sofferenze che dovrà patire, proprio perché è certa, nella fede, che solo così potrà realizzare la speranza di essere confortata e sostenuta da Dio.
Il Padre ha sostenuto il suo Unigenito nell’ora del supremo Sacrificio, così come ha donato a Maria la forza per sopportare il dolore inumano e terribile della morte di Gesù e, poi, la gioia di godere della sua resurrezione.
L’ha confortata, l’ha consolata, come aveva promesso.
E allora noi, amici, siamo chiamati ad abitare questi nostri giorni allo stesso modo di Maria: ad esserci quando si tratta di assumersi le proprie responsabilità; consolare è guardare all’uomo riconoscendo in lui la dignità di essere persona e non un numero da sommare ad altri. Consolare è coniugare la grammatica della fede con l’alfabeto della vita, perché una fede disincarnata serve a ben poco.
Essa deve profumare di Vangelo e tradursi in buone prassi di vita, misurandosi senza paura con le sfide del mondo
”.

Ecco, come non riflettere su queste parole, come non apprezzare chi, nel mare magnum delle banalità e del nulla, ti invita a riflette, ti prende per mano e ti guida.

E poi la toccante citazione finale del grande poeta francese Peguy: “La Madonna mi ha salvato dalla disperazione (…) Allora ho pregato Maria.
Le preghiere a Maria sono le preghiere di riserva… Non ce n’è una in tutta la liturgia, una, capite, una che il peggiore dei peccatori non possa dire con verità. Nel meccanismo della salvezza, l’Ave Maria è l’ultimo soccorso.
Con essa non si può essere perduti
”.

Questo è fare il sacerdote in questi tempi bui e Dio solo sa quanto in questa chiesa aretina ne abbiamo bisogno.
Grazie don Gepponi!

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La Vespa
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Dotata di due formidabili antenne capta, nel territorio urbico locale, tutto quanto c'è di anomalo e, a suo insindacabile giudizio, usa il velenoso pungiglione per raccontare e denunciare. Mimetica e veloce vola di qua e di là, da un abuso ad uno sperpero; da un incarico in odore di favore ad un finanziamento dato per l'acquisto dei bigodini della nonna.

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