Come si sa agli aretini piace mangiare.
Lo dimostra il gran numero di esercizi commerciali che sostituiscono con il cibo gli altri settori commerciali.
Lo vediamo il sabato sera quando per andare al ristorante dobbiamo prenotare molto prima per evitare di girare inutilmente tra i locali strapieni.
Buon segno, si dirà, senonché piano piano anche su questo settore, ora in auge, ci stanno mettendo gli occhi le grandi catene alimentari, un po’ come è successo per i cinema dove le multisala hanno ucciso tutti i piccoli schermi.
Noi per salvare l’Eden ci abbiamo messo l’anima ma sono battaglie di nicchia destinate a rimanere isolate.
Così è uscita la notizia che Arezzo avrà una nuova maxi struttura del colosso alimentare di steakhouse Roadhouse restaurant dove gli aretini potranno gozzovigliare in massa alternandolo alle sagre che presto riappariranno in ogni dove.
Sono lontani i tempi dove ecologicamente si diceva “piccolo è bello”.
Un tempo dove i piccoli negozi avevano un’anima, quella del titolare, che li rendeva unici, particolari e umani.
Spesso queste catene con sedi altrove, danno sì qualche posto di lavoro più o meno precario, ma con lo sguardo rivolto alle loro sedi centrali dove convogliano i soldi spesi dagli aretini.
E’ il mercato bellezza, si dirà, ma noi, inguaribili romantici, preferiamo salvaguardarli i piccoli negozi, quelli dove i rapporti umani ci fanno sentire parte di una comunità e non un oggetto che consuma e basta.
Per questo noi continueremo a frequentare piccole trattorie come la Graziella in Porta Crucifera, la Paola alla rosticceria “I Sapori” che ci accoglie sempre con un sorriso smagliante, e le decine di piccoli ristoranti che come l’Agania danno identità a questa città che spesso per mancanza di identità rischia di morire.
Che poi la fantasia concorrenziale non manca se vediamo che in piazza San Gemignano, laddove c’era un ristorante vegetariano ora insiste una trattoria toscana che si chiama proprio “dal Bisteccaro”.
Non so quanto potranno ancora reggere di fronte alla calata di catene colossali.
Ma la storia ci insegna che a volte i piccoli David possono sconfiggere i Golia.
E mentre in piazza San Francesco è in vendita la galleria Bruschi dove ci apriranno sicuramente una “bruschetteria”, è bene ricordare che nell’anno delle celebrazioni per i 500 anni dalla morte di Leonardo da Vinci, lo stesso Leonardo diventò vegetariano, e preferiva Ponte Buriano, o forse proprio per impedire un futuro di maxi-bisteccherie in città.
Quella di San Gemignano pare, dall’insegna, unire il nostrale col forestiero: “taverna toscana” e “bisteccaro” romanesco.
Comunque a me fanno scompisciare tutti questi negozi di generi alimentari che aprono in questi ultimi anni in città e che hanno per lo più nomi che terminano in IA, preceduto dal genere che principalmente smerciano. Mi fanno pensare a quel film del toscanaccio Pieraccioni dei tempi d’oro in cui un fantomatico suo parente decisamente naif si lamenta per il fallimento della sua pinolerIA e della sua maschererIA!