Bisognava essere alla Borsa Merci in piazza Risorgimento ieri sera per capire il bisogno di analisi psichiatriche degli aretini.
L’attesa dell’arrivo del “guru” è stata significativa.
La gente affollava ogni piccolo anfratto della sala.
Il nervosismo era palpabile.
Non si metta di fronte a me- urlava la gentil signora- che dopo non lo vedo.
Un drusciare di corpi, senza pietà, infagottati nei cappotti, corpi sudati di estranei che si accalcavano fino all’assurdo pur di esserci.
Poi arriva lui, psichiatra di fama televisiva, scrittore, sociologo, educatore ed opinionista.
Ci sa fare, capisce il disagio di decine di persone accalcate e le invita a sedersi a terra nei corridoi centrali, “tanto le regole di sicurezza sono già saltate” dice.
E’ bravo Crepet a parlare a quella massa informe; ha carisma ed ormai può permettersi tutto.
Noi non viviamo delle cose che viviamo ma delle cose che immaginiamo, dice.
E poi parla della passione che è inquietudine, che è quella curiosità che ci fa vivere e rompe le barriere di ogni età.
Morire curiosi è una bella morte.
Non fa una lectio magistralis ma racconta episodi della sua vita.
Fu chiamato ad Arezzo da Agostino Pirella durante l’esperienza del “manicomio aperto”, un periodo rivoluzionario, di grandi speranze che forse gli organizzatori di quella manifestazione, certo su altre posizioni politiche, avrebbero evitato.
Mi emoziono quando ricorda Livio Poggesi, un paziente ricoverato più volte in quella struttura, famoso per i suoi quadri che offriva sempre all’ingresso del manicomio.
Io, che in quegli anni lavoravo in banca e ci andavo per lavoro, ogni 27 del mese, a portare i mandati degli stipendi, me lo ricordo il Poggesi che mi diceva: Ragioniere, ragioniere, ecco il mio capolavoro di oggi!
Ha ragione Crepet a dire che oggi siamo riusciti ad odiare anche la fragilità.
La gente ride quando parla della incapacità dei genitori ad educare i figli.
Crepet sa di prenderli per il culo perché quegli atteggiamenti che lui stigmatizza sono utilizzati in abbondanza dai presenti e loro abboccano, annuiscono, senza farsi un esame di coscienza.
Crepet capisce di piacere troppo e cerca di provocare: io non leggo mai i miei libri, non mi piacciono, ci sono troppi errori.
Preferisce raccontare esperienze giovanili quando si era tutti cacciatori di orizzonti.
Perché oggi abbiamo perso ogni senso vero della vita, della socialità, dei ricordi.
Viviamo il presente e ci basta mentre dovremmo essere proiettati sempre in avanti.
Si l’egoismo è riuscito a farci odiare anche la fragilità (chissà se i presenti soprattutto delle prime file l’hanno capita), ma nessuno, aggiunge, si salva da solo.