La panetteria di fronte alla mia terrazza, sull’altro lato della strada, è molto frequentata.
Vengono da ogni dove per acquistare il pane fresco nelle sue mille varianti.
La gente entra ed esce continuamente con il suo sacchettino di carta con dentro il sapore della Toscana.
Pochi si accorgono che, fino dall’apertura, un ragazzo nero soggiorna al lato della porta aprendola ai nuovi arrivati e dicendo loro “Buongiorno”.
Si lo so, non è una novità, li trovate all’ingresso di ogni supermercato, ma quel ragazzo stamani si era seduto un attimo con la testa tra le mani.
Ho provato a parlarci scalfendo la sua perplessità iniziale, anche se parlarci è un eufemismo visto che conosceva pochissime parole italiane.
Uno sguardo triste sembrava guardare lontano.
Cosa fai tutto il giorno – gli chiedo con difficoltà
-No lavoro, no lavoro – mi dice scuotendo la testa.
– Di dove sei?
-Niger – risponde e glielo faccio ripetere più volte non riuscendo a capirlo bene.
Poi da buon italiano faccio il segno con le mani per sapere dove dorme
-a Pescaiola – risponde, ma continua a ripetere : No lavoro, no lavoro.
La gente esce in fretta dal negozio, solo qualche sguardo furtivo nel vedermi parlare con il ragazzo nero e forse solo allora si sono accorti di quella presenza, altrimenti invisibile.
E mi chiedo se non ci siano altri modi per aiutare una umanità disperata, magari insegnando a parlare la lingua dove uno si trova per poter comunicare e sentirsi meno soli.
Il mio riferimento alla chiusura della Casa delle culture, dove c’erano corsi di integrazione, è puramente voluto.
Poi cerco una conferma che una mia pazza amica aveva già provveduto a chiedere.
-Perché stai qui fuori da una panetteria?
Chiude gli occhi che diventano sognanti ed aspira forte l’odore del pane.