Tre pagine fitte fitte sul Fatto Quotidiano ci fanno la festa.
Gli inviati non sono degli scribacchini qualunque ma Pietrangelo Buttafuoco e Antonello Caporale che con il metodo filmico del flashback ripercorrono i fasti e le cadute di una città complicata.
Bancaetruria fa da collante per ripercorrere la storia di una città stretta tra massonerie ed Opus Dei con la benevolenza della politica, degli orafi e di tutto il comparto commerciale.
Si ricordano i marchi storici come la Lebole, ma anche l’attualità come quando dopo una manifestazione degli azzerati a Laterina, evidentemente poco gradita a Maria Elena Boschi, furono trasferiti il questore, il prefetto, il comandante dei carabinieri ed il parroco, colpevole quest’ultimo di aver benedetto i risparmiatori azzerati.
Tutte cose che noi aretini si sapeva, anche se molti fanno finta di scordarsele, come in certi paesini del sud.
Perché scrivono i due inviati: gli aretini sono ruvidi come quei ravioli impastati con grano duro, e diffidenti, non amano guardare il mondo.
Parole che provocheranno la reazione di molti concittadini al pari dei fumatori quando dici loro di non fumare.
Certo fa male quando scrivono che all’arte, al suo Duomo, al crocefisso di Cimabue, a Piero della Francesca, la città preferisce la fiera, il mercato, il commercio.
E bisogna ammettere che c’è del vero.
Questa città che ancora trova nell’oro la sua ragione di essere con 1,8 miliardi di fatturato, non riesce però a brillare.
Se, come dicono, le logge e l’acquasanta continuano a governare la città, forse ci sarebbe bisogno anche lì di fare un bel ripulisti di faccendieri, trafficanti e trafficoni che niente hanno a che vedere con i principi che li dovrebbero governare: Amore fraterno, carità e verità.
Arezzo merita di più, e deve uscire dalla gogna in cui è caduta.
Ne abbiamo le potenzialità ma gli aretini devono svegliarsi da un grande sonno che per convenienza hanno accettato per troppo tempo.
BUON ANNO AREZZO!