E’ un periodo difficile per Arezzo, un periodo che dura da troppo tempo Dall’abbigliamento all’oro la città ha visto scomparire centri di produzione e di eccellenza ed ora combatte per mantenere qualche presidio come Cantarelli.
Ha visto naufragare, tra il silenzio tombale di associazioni di categoria e di titubanti istituzioni, la banca del territorio nonché lo scippo di intere competenze sanitarie e di aziende di utilità pubblica che sembrano spostarsi sempre più verso Siena.
PERO’ il sindaco condottiero non demorde e sposta la visione sui problemi della città.
Così dichiara pomposamente che Arezzo deve diventare la città dell’oro anzi la città della musica, anzi dopo l’investimento in Back in Time la città della storia.
Ma perché limitarsi, signor Sindaco?
Arezzo può essere anche la città del caldo torrido, città onoraria dei botoli ringhiosi, del Lucertola….
Tanto non costa niente!
Ridare una identità alla città sarebbe opera meritoria ma una identità non si costruisce con gli annunci ma con operazioni concrete che cementino la cultura e la passione, che ridiano dignità ad una popolazione sempre più scoglionata, appunto perché senza identità.
Gli aretini non sono una popolazione facile ma possono essere anche tenaci se gli si offre una visione concreta di sviluppo.
Risvegliare la propria ambizione, difendere le mura di una città che vuole riaffiorare e non più essere conquistata da senesi e bergamaschi, da fiorentini e pratesi. (gioco dell’estate: mettete voi le caselle giuste delle conquiste con le nostre realtà).
E l’identità la si deve trovare nelle nostre radici, senza ricercare celti e vichinghi, tirolesi e funghi prataioli.
Perché una identità forte è la migliore difesa contro ogni forma di degrado ma richiede anche coerenza tra ciò che si dice e ciò che si fa!
Ecco perché Arezzo cerca una identità ma per ora resta sulla carta: la famosa carta di identità cartacea!