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Il campanile del Duomo di Arezzo

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Il campanile del Duomo di Arezzo, con la sua esuberante sagoma a matita, è nella memoria collettiva degli aretini del ‘XXI secolo’, uno degli elementi architettonici maggiormente caratterizzanti della città di Arezzo, tale da rendere immediatamente riconoscibile l’immagine della cittadina contrassegnata dal suo svettante profilo.
Ma i nostri nonni probabilmente ricorderanno di aver assistito, o per lo meno di aver sentito parlare, del completamento del campanile, terminato nel 1937, fortemente voluto non solo dal Vescovo di Arezzo Mons. Emanuele Mignone e dal Podestà Pier Ludovico Occhini, ma dalla popolazione tutta.

La costruzione gotica del Duomo, priva della torre campanaria, nel Cinquecento fu provvista di un semplice campanile ‘a vela’, realizzato in corrispondenza della porta laterale destra, abbattuto già all’inizio del Seicento, perché il suono delle campane disturbava le adunanze del vicino Palazzo dei Priori; venne perciò ricostruito un nuovo campanile, sempre a vela (figura a lato), in corrispondenza della cappella absidale di sinistra, provocando preoccupanti lesioni al muro di sostegno traforato dalle magnifiche bifore.

Solo nel 1857 cominciarono i lavori per la torre campanaria, voluta e finanziata dal Vescovo Mons. Fiascaini e progettata dall’ing. Luigi Mercanti.
I lavori si interruppero alla morte del Vescovo nel 1860 e la torre rimase ‘mozza’ (figura a lato) , fino al 1931, quando furono deliberarti i lavori di completamento. L’ideazione delle grandi finestre oculari e della cuspide di ben 21 metri, si deve all’arch. Giuseppe Castellucci, riprendendo l’andamento verticale della fabbrica gotica del Duomo con l’intento di armonizzare la nuova costruzione con l’architettura preesistente.
Il Castellucci, nativo di Arezzo ma attivo tra 800 e 900 in tutta la Toscana, sia nella conduzione di nuovi cantieri che nella direzione di lavori di restauro, fu infatti animato dalla volontà di restituire ai monumenti e alle città il volto del passato ripristinando un’unità stilistica che il tempo aveva ormai cancellato.
Se i criteri ed i metodi di restauro del Castellucci non sono oggi più condivisibili, ciò non toglie che i suoi interventi, ormai storicizzati, erano il riflesso non solo del suo ingegno ma della cultura del suo tempo.

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