Come recitava lo slogan di un vecchio film di fantascienza “l’invasione degli ultracorpi”, essi sono tra noi, sembrano noi…ma non sono noi, anzi sono….meglio di noi !!!
Arezzo ne è piena, siano essi devoti a questa o l’altra musa ispiratrice, spesso non hanno nè voglia o bisogno di lavorare, perchè benestanti di famiglia o dal cognome altisonante.
C’è il poeta, lo scrittore, il musicista e il giornalista, il critico e l’attore, tutti accomunati da un fattore comune….credersi di un talento e di una fama universale.
I più fortunati riescono a strappare qualche riga nelle due pagine finali della cronaca locale della Nazione, incastrati tra la sagra della nana e il convegno sui rifiuti ecocompatibili, per altri l’oblio di volantini fotocopiati attaccati ai pali dei cartelli, tra Saione e l’Orciolaia.
Ecco il poeta che si paga il libro, la sala per presentarlo, il buffet e forse anche il pubblico, l’attore che annuncia la tourneè trionfale tra Civitella e Pozzo della Chiana, il giornalista che ha pagato il tesserino e ora scrive due righe sul blog del circolino, il critico che ha visto due film di Pierino e la mostra di Suschino e ora pontifica dalle pagine dei social.
Il pubblico latita, la loro autostima si nutre di grandi illusioni, i sei presenti che si gettano sul buffet (pagato) probabilmente per gustare due tartine e sei crostini sarebbero andati anche alla mostra sulle caraffe ungheresi del settecento.
I morti di fama aretini poi hanno un dono eccezionale; in modo inversamente proporzionale tra l’annuncio della loro performance e la resa finale (assai modesta), camminano tra le vie cittadine con l’occhietto da volpino che ti guarda con furbizia.
Ti squadrano e ti fanno capire: “si, sono io, proprio io, fammi un complimento, chiedimi dell’ultimo concerto al sottochiesa”.
La gente però passa, getta uno sguardo annoiato e passa oltre, e il nostro morto di fama schiuma di rabbia in sgereto, tormentato dal genio che possiede e che non viene notato da nessuno.
Artisti sublimi e professionisti encomiabili che sognano di essere fermati anche a Roma e a Milano, ma che giunti al Bagnoro sono già degli emeriti sconosciuti.
I morti di fama aretini li conoscono tutti, anche loro stessi sono consci della loro scarsa vena e talento, ma continuano a credersela e tentare di farcela credere.