A Sant’Agostino ha fatto anche la funzione clorofilliana, per ossigenare l’aria durante le riunioni di partito.
Il Chico prima di tutto si legge senz’acca com’il Che, al tempo del quale entrò a Sant’Agostino di sotto, che non è Bergum di suta ‘n do’ sono tutti mangia ostie e ce lo chiusero.
A quel tempo il vento della Rivoluzione d’Ottobre aveva traversato l’Atlantico e, ne le giornate limpide, bastava salire a buggiulucco del Giannotti, per vedere i cavalloni anche da la balaustra del mercato del pesce.
La primavera di Praga fu anche la Primavera del Chico il quale, oramai, di primavere n’ha passate e arpassate dimolte.
Era notte fonda e l’Aurora non s’era ancora afacciata dietro Poti, quando il Chico varcò la fatidica soglia e il sol dell’avvenire spuntò in piazza Sant’Agostino. Ancora un s’è fatto ‘l buio, ma siamo vicino al tramonto.
Da Togliatti a Renzi, dal Tani al Dindalini, il Chico ha a’bracciato tutte le giornate e le stagioni del Pci e, oramai, cià du’ bracci come il Chiavino che, quando faceva il militare e se metteva su l’attenti, le falangi li strusciavano per terra.
S’è fatto la Bolognina, che unn’era manco tanto male, la Quercia, l’Ulivo, la rottamazione e a Sant’Agostino cià messo le radici come l’olivo di Garibaldi sul colle di Santa Maria.
Quando c’era una riunione e non si respirava da quanto gli fumavano in tutt’i sensi, ha fatto anche la funzione clorofilliana per ossigenare l’aria.
E ci credo: Chico qui, Chico là, Chico su, Chico giù, Chico vieni,Chico va tutti c’intingevano come ne la pila dell’acqua santa anche se non avevano mai messo un piede ‘n una chiesa.
A furia di sentisse chiamare il Chico oramai non s’arcorda più manco come si chiama, in compenso è armasto Chico a settant’anni.
Oggi ripensa a l’anni belli di quando c’era il Che, che il comunismo era ‘n orizzonte e il vento dell’est tirava come un pel di effe e si mise i sassi in tasca, perché sennò l’avrebbe portato chissandò.
Altri, per resistere, si riempirono di cariche e di conti in banca. Il Chico no! Lui restò a Sant’Agostino di sotto coi sassi in tasca, sempre fedele a l’amici e all’ideale, a reggere a ogni vento e ogni tempesta.
Mai ci fu una carica, ‘n pubblico impiego per il Chico, che è armasto Chico come la Cinguetti e ha conciliato i sogni e la realtà, il materialismo storico e le Feste de l’Unità, la teoria e la pratica.
Avendo campato di spirito è stato l’antitesi vivente del suo Credo. Oramai regge l’anima coi denti ma è l’unico ch’ha fatto avanzare la tesi della dialettica marxista, che senza di lui sarebbe armasta inchiodata al palo del materialismo.
A Sant’Agostino cià le chiavi come San Pietro e ha fatto ‘gnicosa: dal tipografo in tandem col pittore Franco Onali perché Dio li fa e pu’ l’apaia, al portiere di notte.
Accadde quando, a le passioni politiche, si mischiarono quelle erotiche, col Giannotti in fregola alla base d’un n’triangolo isoscele che non poteva diventare equilatero, essendo l’ultimo lato del Psi.
Quella volta a la Pacini e al Sereni, due veterocomunisti poco aperti a la modernità, gli parve che Sant’Agostino più che una Federazione fosse ‘n casino e, a l’antitesi, gli toccò superare anche questa tesi, neanche fosse del partito dell’amore o n’olgettina.
Per il Chico fu più dura che organizzare ‘na trentina di Feste dell’Unità al Prato e ce potete mettere ‘llesso!
Dal libro: Can de’ svizzeri in uscita18 novembre, presentazione ore 17,30 presso libreria Mondadori ad Arezzo