Fin dai primi decenni del 13° secolo, Arezzo, che gia vantava una popolazione in crescita circa 20 mila abitanti, dopo un periodo di epoca romana dove era stata la terza città dello impero, dopo Roma e Pompei; infatti, Tito Livio parla di 100 mila abitanti, compreso il contado.
I 20 mila abitanti erano i nobili con i lori borghi, che altro non erano che fortificazioni all’interno della stessa città, poi c’erano i palazzi della ricca borghesia, mercanti, prestatori di denaro, poi la bassa borghesia, artigiani, mestieranti, macellai e locandieri, e infine i poveri mendicanti, senza reddito di soggiorno.
Il contado erano coloro che in coltivavano la terra nele zone di dominio e di proprietà delle famiglie dei nobili, che risiedevano in città.
In Chitignano i conti erano gli Ubertini, dediti alla remunerativa industria e commercio del legnane, e che ben presto unendosi in alleanza con i pari nobili di Montedoglio e Motefeltro, riuscirono a influenzare la politica dell’intera città e dello stesso imperatore.
Il ghibellinismo aretino si distinse oltre che per la vicinanza all’imperatore, per le loro attività commerciali e imprenditoriali.
Guglielmino, che da piccolo era stato menomato ad un piedino, in quanto un tronco, durante una tagliata di bosco, gli caduto sopra, coadiuvato dal fratello Piero, prese il potere e fu nominato Vescovo dopo la morte di Marcellino che era andato contro l’imperatore, che poi fu catturato e giustiziato.
Il Papa Clemente V pur conoscendo la partecioazione ghibellina della famiglia a ragion veduta, per tenersi in pace con l’imperatore lo nominò Vescovo.
Nel contempo in Arezzo le famiglie nobiliari dei Bostoli, Camaiani e degli Albergotti, guelfe, rimanevano insediate nella città, ma nella battaglia di Montaperti 300 cavalieri ghibellini d’Arezzo, entrarono a sostegno dei Senesi contro i guelfi fiorentini, sostenuti finanziariamente, anche dai Bostoli, che poi dovettero dopo emigrare in Firenze.
Dicesi che un Bostoli dopo la battaglia di Campaldino, al comando di milizie gigliate, avesse rapito uno dei figli di una capopopolo d’Arezzo, per poter più facilmente entrare in città, ma fu trovato ucciso nella sua tenda con un coltello infilato sotto il costato ( leggenda o verità di Ippolita degli Azzi di Borgunto).
Dei Bostoli poi non si ha più notizia nel territorio aretino, ma le altre famiglie guelfe gli Albergotti e i Camaiani fecero buon viso anche al vescovado del Tarlati, e nel rinascimento e con il dominio mediceo, furono le uniche genie nibiliari indigene rimaste!