Nato nel 1250, il cui padre, Guido, nobile e condottiero di Montefeltro, gli insegno’ presto l’arte della battaglia.
Fu un acerrimo ghibellino, combatte e conquistò diverse città guelfe intorno ad Arezzo, e insieme ad altri cavalieri, fuoriusciti nottetempo dalle mura, durante l’assedio dei Senesi nel 1288, guelfi e voltagabbana, che si erano mossi contro Gugliemino degli Ubertini, nostro Vescovo, in quanto questi aveva cacciato diversi guelfi dalla nostra città, tra i quali Bostoli, il rapitore del figlio di Ippolita degli Azzi, e con l’ aiuto delle tenebre erano passati da le Poggiola, Viciommaggio, Dorna e Badial al Pino, avevano teso l’agguato alle truppe senesi che ritornavano dopo una intera giornata di inutile assedio, e furono “toppe” a Pieve al Toppo, prima che ritornassero al loro accampamento del Tegoleto.
Era sposato con la figlia di un grosso carrotrasportatore di sale tra Ravenna e Arezzo, una certa Giovanna, una donna stupenda che gli dette una figlia Manentissa, che poi andò in sposa con uno dei Guidi, non quelli traditori di Poppi e Porrena, ma di Davodola, sulle rive del fiume Montone vicino a Predappio provincia di Forlì.
Ghibellino sì, ma che morì da eroe, forse anticipando troppo presto l’attacco con soli 12 cavalieri contro la diga dei fanti fiorentini a Campaldino, alcuni dicono in contrasto con la strategia di Guglielmino degli Ubertini e dello stesso Gulielmo dei Pazzi, altro grande condottiero aretino.
Dante dice che morì formando una croce con le braccia, il “diavvelo”, che lo doveva portare all’inferno, si ribello’ e gonfiando le acque dell’Archiano, fece sparire il suo corpo…, ecco perché Dante lo pone al purgatorio, coraggio,e ideale, sono una Fede!.
E qui nasce la leggenda, dicesi che tra quei dodici cavalieri ci fosse una donna bellissima e abile cavallerizza da torneo, la quale vedendo Bonconte ferito liberatesi del peso delle armi lo carico’ sul suo cavallo e iniziò a correre verso le medicherie, ma quest’ultime, già iniziata la battaglia di Campaldino, avevano da curare molti fanti e tanti cavalieri.
Rabberciandolo con bende strette, si rifugio’ un una piccola cappelina casentinese e qui lo nascose per sempre e per tutti, vedendolo spirare tra le sue braccia.
Ritornando ad Arezzo, Monica, così si chiamava la cavaliera, sentiva un profondo cambiamento nelle sue membra, il seno già da prima poco pronunciato, si trasformò in possenti muscoli pettorali e lo stesso capito’ alle braccia, divenne uomo e fortissimamente uomo, tanto che avrebbe potuto mettere seme prolifico nel grembo di una donna anche a distanza!!
Tornando ad Arezzo prese la lancia da rodeo in quel di Pomaio tenuta in una teca benedetta, nella piccola chiesa.
I fiorentini accampatesi dopo la vittora dell’11 giugno, e dopo aver trionfato, portando la testa dell’Vescovo infilzata su di un palo, nei vari paesi della valle, si erano accampati, dicevo, nei pressi della Catona.
Si presentò, il primo transgender del Medioevo, con le stesse sembianze di Buonconte e gli stessi lustri e pennacchi e sfido’ i cavalieri fiorentini, dopo tre sfide vittoriose la lancia tarlata e vecchia si ruppe, ma adopro’ quella mascolina, che gli era spuntata, e alzadosi la casacca corrazzata, i fiorentini tutti rimasero attoniti e stupiti tanto che da allora “urecchioni” molti divennero, in quella città gigliata!!
E alle prime ombre delle 21, si innalzo’ verso il sorgere dell’oscurita’ del cielo stellato e scomparve!!
