Arezzo è una città strana.
Generosa, pigra, reazionaria, con punte di ingegno, piena di possibilità inespresse.
Una città che però si sta svuotando delle sue identità, dei suoi capisaldi.
Sembra sempre più confusa e vuota, quasi a non trovare la strada per andare avanti.
Viene depauperata delle sue creature migliori, che costituivano delle colonne della sua solidità, come Bancaetruria e resta in silenzio, ammutolita, incapace a reagire.
In altri tempi c’era chi aveva fatto deviare l’autostrada per farla passare ad Arezzo.
Oggi tutte le indicazioni portano a Siena, dal Monte dei Paschi, alla Usl, all’area grande.
Non si tratta di scendere in competizioni d’altri tempi ma semplicemente di capire perché questo sbracamento, questa mancanza di difesa delle proprie peculiarità.
Gli aretini sembrano aver perso anche quella nomea di “botoli ringhiosi”, ora sono in sonno, come certe logge massoniche.
La città sembra impaurita dall’aumento di furti ed episodi di violenza, non è più la città dell’oro, forse perché nei periodi d’oro, quando c’erano le possibilità si doveva costruire una cultura identitaria più forte, meno individualista.
Che bello sarebbe vedere uno spirito unitario di tutte le forze politiche e sociali protese a restituire ad Arezzo splendore e serenità.
Senza guerre di piccole botteghe, senza inutili invidie ma con la convinzione che quando si condivide insieme un obiettivo comune si può raggiungere l’impossibile.
Nei prossimi giorni ci saranno appuntamenti importanti.
Dal consiglio comunale aperto che discuterà su Bancaetruria, ai problemi legati al Centro direzionale, alle controversie sulla ristrutturazione della sanità locale.
Non sono problemi che riguardano poche persone ma l’intera città.
E le forze politiche, economiche e le associazioni devono dimostrare di essere veramente utili e non dei carrozzoni che pensano solo a sopravvivere.
Il gioco di squadra è l’unica strategia che può far vincere anche se sappiamo che purtroppo pochi sono gli uomini squadra, perché solo pochi sono così grandi da pensare al bene comune prima che a se stessi.