Cronaca semiseria di una Roma senza treni
Arrivai a Roma senza prendere il treno — ché ancora non esistevano, e nemmeno la ferrovia — per andare a trovare il povero Ettore, rimasto vedovo dopo la morte della moglie Lavinia, stroncata da un torcibudello.
Dopo essere stati al cimitero, ci dirigemmo verso Campo de’ Fiori, tra i rioni Parione e Regola. Cercavo in una di quelle botteghe una stampante a colori con Bluetooth, ma la ricerca si rivelò vana. Fu allora che, passando per via dei Baullari, fummo interrotti e rapiti da un fragore festoso proveniente da Piazza Navona: trombe, musici, giocolieri (alcuni sui trampoli), e perfino un elefante albino, seguito da altre fiere e da una carrozza scoperta trainata da sei cavalli bianchi.
Domandai attonito a Ettore:
— Ma che c’è, il circo Togni in parata?
E lui, abbassando lo sguardo come vergognandosi:
— No, è quello lì… il Papa. S’acchitta sempre così. È Leone X, quel bischero di Giovanni de’ Medici, viene da Firenze!
Molti non sanno che, eletto Papa a soli 38 anni, disse a suo fratello Giuliano:
“Mo’ che m’hanno fatto Papa, godiamocela!”
Avrebbe dovuto portare a termine la costruzione della cupola di San Pietro, e per finanziarla avviò una “rottamazione dei peccati”, vendendo indulgenze anche per colpe non ancora confessate. Riuscì così a raccogliere una somma considerevole per iniziare i lavori della cupola — progettata da Michelangelo, che vi lavorò fino alla sua morte nel 1564. La struttura fu poi completata nel 1590 da Giacomo della Porta e Domenico Fontana.
Il pontificato del giovane Leone fu segnato da favoritismi verso la propria famiglia e da un pesante indebitamento delle diocesi, che così finivano sotto l’influenza fiorentina. All’eretico Lutero, nell’ultimo anno del suo regno, inviò la bolla Decet Romanum Pontificem, che il monaco bruciò pubblicamente senza neppure leggerla (vedi: “Martin Lutero e le monache smonnacate” ).
Morì nel 1521, otto anni dopo l’elezione, stroncato da un malore improvviso… forse per via di una gozzoviglia a suon di Frascati!