Siamo davvero in democrazia solo perché votiamo? O ci illudiamo di contare mentre le decisioni vere le prendono altri?
Secondo la Costituzione, il voto è lo strumento principe della democrazia. Ma quale voto? Quello per eleggere i parlamentari che, una volta seduti in aula, spesso si dimenticano chi li ha mandati lì? Oppure quello dei referendum, che ogni volta devono superare una giungla di burocrazia, pareri tecnici e filtri istituzionali prima ancora di arrivare al cittadino?
La verità è che il potere decisionale resta saldamente nelle mani dei partiti e delle élite politiche. Il resto – partecipazione diretta, consultazioni popolari – è spesso solo un contentino. Quando non fa comodo, si boccia. Quando c’è il rischio che la gente voti “male”, si alza il muro del tecnicismo o si punta sul non raggiungere il quorum.
Parliamo proprio del quorum: se meno del 50% degli aventi diritto va a votare, il referendum è nullo. Ma perché accade? Perché i quesiti sono spesso incomprensibili, scritti per scoraggiare invece che coinvolgere. Perché si infilano più temi in un’unica domanda. Perché le campagne informative sono assenti o di parte.
È così che si uccide la partecipazione, non con la repressione, ma con la noia, la confusione e l’indifferenza pilotata.
E se invece avessimo scelto, per esempio, un premierato stabile di cinque anni, eletto direttamente dal popolo? Forse oggi non saremmo qui a temere ritorni autoritari o derive populiste. Forse il fascismo – quello vero o quello mascherato – non avrebbe mai trovato il terreno fertile dell’instabilità e della disillusione.
Ma guai a toccare certi temi: la democrazia va bene finché resta sotto controllo. Finché il popolo vota, sì, ma solo quando e come fa comodo. Altrimenti, meglio che stia zitto.
Se i problemi riguardassero davvero la generalità degli aventi diritto al voto, il quorum sul quesito referendario verrebbe sempre raggiunto!
Assoggettare a un quorum le elezioni politiche e amministrative: come sarebbe?
Il problema del raggiungimento del quorum che si è verificato con il passare degli anni nei referendum e che, forse, all’inizio non se lo erano immaginato è un altro ed è ben più grave.
Provo a spiegarmi e spero di non essere il solo ad aver fatto questo ragionamento.
Con la Legge come è adesso il NON voto è il vero voto NO (chi va a votare e vota no in realtà aiuta il sì a raggiungere i quorum). Non sto a dire se giusto sbagliato, se moralmente etico o no, sta di fatto che la legge ha creato questa possibilità attribuendo a chi sostiene il NO in questo modo anche una parte di non votanti “naturali” che ci sono ad ogni espressione di voto.
La gravità sta nel fatto che così diventa di fatto un voto PALESE e ciò non è corretto: Tralasciando piccole percentuali (appunto quelli che vanno a votare e votano no o quelli che non vanno ma non ci vanno per mille altri problemi, salute disinteressamento ecc) attualmente chi va a votare è per il Sì, chi non va a votare o chi non ritira una o più schede al seggio è per il NO. Questo fatto per me è gravissimo, si lede il diritto alla riservatezza del voto che è giusto che ognuno abbia. La soluzione togliere il quorum. Allora tutti quelli che sono interessati (da una parte o dall’altra) andranno a votare e personalmente ritengo che difficilmente accada di non raggiungere il 50%+1 degli aventi diritto al voto come accade oggi.