Il nostro grosso, la moneta aretina che per circa trent’anni era stata la valuta principale della città, cessò di circolare dopo la sconfitta di Campaldino nel 1289. Anche la Curia di Arezzo subì delle perdite, cedendo molte delle sue pievi e dei suoi possedimenti, fino all’avvento di Guido Tarlati.
Guido, appartenente alla famiglia ghibellina dei Tarlati, signori di Pietramala, Bibbiena e Castiglioni, approfittò delle guerre che la guelfa Firenze intraprendeva contro le altre città della Toscana. Con le truppe comandate dal fratello Pietro (Pier Saccone), riuscì a riconquistare parte dei castelli del Casentino, Lucignano, Monte San Savino e arrivò fino a Città di Castello, espandendo i suoi domini fino alle Marche. Ciò contribuì a rimpinguare le casse della città e della Curia stessa. Tuttavia, nel 1325, Guido fu scomunicato da Papa Giovanni XXII, che nominò un nuovo vescovo per Arezzo, il quale però non mise mai piede nella città. Nel 1328, Guido incoronò Ludovico il Bavaro a Monza, come se fosse un Papa.
Ma chi era Giovanni XXII? Nato nel 1244 in Francia, Jacques Arnaudo d’Euse, fu professore di diritto civile a Tolosa. Il suo obiettivo era riaffermare il potere della Chiesa sui poteri temporali. Era inoltre in contrasto con i Francescani, e quindi anche con i Tarlati, che difendevano l’autonomia dei due poteri. Dopo la morte di Guido, Giovanni XXII scomunicò anche Ludovico il Bavaro, e Dante lo menziona nel XVIII canto del Paradiso, contrapponendolo a Pietro e Paolo, che morirono seguendo i puri insegnamenti di Dio.
Giovanni XXII fece coniare l’effigie di San Giovanni Battista sul Fiorino, utilizzando il potere della scomunica per ottenere denaro da signori e regnanti. Una volta ricevute le somme, cancellava la scomunica, un processo che Dante criticava aspramente. La “vigna” citata nella Divina Commedia divenne, in seguito, il simbolo del famoso vino “Châteauneuf-du-Pape”, un battesimo legato alla figura papale e alle sue politiche economiche.