Noi dell’Ortica, appassionati osservatori delle meraviglie e delle contraddizioni di Arezzo, ce lo chiedevamo già da tempo. Era il maggio 2020 quando l’eterna questione del “Cavallo della Croce” arrivò alla nostra attenzione, con una riflessione che faceva eco al detto “A caval donato non si guarda in bocca”.
Anche l’anno successivo, nel luglio 2021, tornavamo sullo stesso dilemma, chiedendoci quale fosse sorte del Cavallo di Aceves.
Ma evidentemente, qualcuno lo guardava e nemmeno troppo bene, visto che oggi scopriamo che l’opera di Gustavo Aceves, dono dell’artista messicano, è finita nel dimenticatoio in un vero e proprio “magazzino all’aperto” del Comune. E non in uno qualsiasi: questo angolo di desolazione è proprio accanto a un asilo. Un tocco di classe, insomma, che fa pensare: ma cosa stiamo insegnando ai bambini, l’arte come spazzatura?
Nel 2020, l’allora sindaco Ghinelli aveva parlato con entusiasmo della bellezza e dell’orgoglio suscitati dai cavalli di Aceves, dicendo che “non potremo dimenticare i cavalli di Aceves”, eppure, paradossalmente, oggi l’opera è abbandonata insieme ad altri rifiuti come se fosse un qualsiasi oggetto da scarto. Così tanto amore per l’arte, eppure tanta indifferenza per la sua conservazione.
Certo, potremmo dire che un “Cavallo della Croce” lasciato a marcire in una discarica a cielo aperto vicino a un asilo è un’ottima metafora di come certe bellezze vengono trattate nella nostra città. Peccato che l’orgoglio e la bellezza mostrati solo un paio di anni fa siano ora inghiottiti dal silenzio e dall’oblio. Forse una rotonda, una piazza, o anche un angolo di parco sarebbero un po’ troppo per un’opera che, evidentemente, ha già ricevuto abbastanza amore… da chi non sa più cosa farne.
Se questa vicenda dovesse essere confermata, sarebbe non solo una grande ingiustizia, ma anche un pessimo esempio di come trattiamo la cultura e l’arte, dimenticandoci che non basta ricevere qualcosa di bello per capire il suo valore.
La risposta di Lorenzo Cinatti, direttore della Fondazione Guido d’Arezzo: “Il cavallo era stato smontato e ora è stato rimontato in attesa di essere inviato ad Agrigento, capitale della cultura 2025, dove sarà esposto in una mostra. Comprendo che non si trovi nel suo ambiente ideale, come un giardino zen, ma c’era bisogno di spazio. E, come detto, tra poco partirà per la Sicilia. Questa è la spiegazione. Nessuno lo ha abbandonato in una discarica“.
Il nostro commento: ah, ecco! Quindi l’arte si sposta, ma non in uno spazio degno, bensì in un magazzino a cielo aperto, giusto per fare “un po’ di spazio”. E va bene, Agrigento è la capitale della cultura, ma non sarebbe stato più semplice trovargli una sistemazione temporanea più dignitosa, magari in una piazza, o in un angolo della città, piuttosto che relegarlo tra rifiuti e polvere? Magari il “giardino zen” lo lasciamo alla prossima operazione di restauro.
Immagine da Facebook di Raul Dominici
Guardando la foto si intravede anche una sorta di spartitraffico giallo con una palese scritta a spray, dal tono evidentemente offensivo verso una certa fazione politica. Mi chiedo se anche questa attrezzatura non possa far parte proprio così come la si vede della comunale dotazione da utilizzarsi al bisogno.
Vicenda spassosa e che certifica come si fa cultura artistica in Italia, e Arezzo non poteva non essere all’avanguardia. Tutto ormai si basa sull’evento, l’opera d’arte è quasi sempre un pretesto.La magnifica mostra…il munifico dono dell’artista, col vincolo di posizionamento assolutamente trascurato ( si..si…..poi si vedrà..). Passata la festa chissenefrega più? L’opera d’arte diventa un noioso problema, polvere da nascondere intanto sotto il tappeto…e il tappeto in questo caso copre male.
Che poi a me l’opera non dispiace…ma collocarla in San Francesco…non mi sembra sia il caso…ma posti adatti ce ne sarebbero…chessò…metterla in Fortezza per esempio..
Ci voleva la richiesta d’Agrigento. Anche lì c’è l’evento…le città fanno a coltellate per farsi pomposamente nominare capitali della cultura, che son quadrini da spendere… e nel caso ad Agrigento sono finiti nel dramma, non si sono dimostrati in grado di gestire niente…cartelli sgrammaticati…asfaltature che coprono tutti i tombini…improvvisazioni su tutto…soldi spesi a cianfo ( si veda G.A. Stella sul Corriere)https://www.corriere.it/cronache/25_gennaio_03/agrigento-capitale-cultura-polemiche-6332d585-ca69-4ddf-9636-3b598a436xlk.shtml) Chissà come e perché ci hanno chiesto il cavallo!
La cinattiana risposta è incredibile…non spiega niente…solo i fastidio di essere stati trovati a lasciare il mobile che non piace più vicino al cassonetto invece che chiamare SEI per il ritiro.
Almeno potevano ricavarci un buratto per le edizioni straordinarie della giostra…ci saldi il tabellone….attacchi le palle alla coda del cavallo…metti il meccanismo girevole e voilà…sarebbe perfetto! Ma a Arezzo non c’è questo a essere intelligenti.
Cosa aspettarsi da demolitori di murales?!