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venerdì, Marzo 29, 2024
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Le domande nascoste sulla gestione Covid-19

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Una emergenza sanitaria come quella che stiamo vivendo non dovrebbe impedirci di continuare a fare domande di chiarimenti, soprattutto quando ci possono essere comportamenti che potrebbero danneggiare la sanità pubblica.

Il nostro ospedale di Arezzo, fino dalla sua costruzione, è stato sempre un motivo di vanto per questa città, ospitando vari reparti di eccellenza che hanno inorgoglito gli aretini.

Ed allora, ci domandiamo, cosa c’è di vero nella aspra denuncia che CARLOTTA BALZANI del Comitato salute casentinese, porta avanti con decisione? E perché le sue domande restano nell’ombra?

Dice Carlotta Balzani:

“L’Ospedale di Arezzo è stato trasformato in presidio Covid.

Questo vuol dire che circa 450 posti letti distribuiti tra i vari reparti sono in procinto di essere del tutto cancellati per ospitare i covid-positivi, che ad oggi ammontano a circa 40 unità (dei quali 5 in terapia intensiva) per un progetto di riconversione che conterà alla fine 110 posti letto.

Nell’area della provincia di Arezzo a oggi contiamo molti ospedali a operatività ridotta che sicuramente sarebbero stati più adatti per divenire ospedali covid, basti pensare all’ospedale di Sansepolcro, del Casentino o della Gruccia e invece sì è preferito l’ospedale di Arezzo che a oggi, in seguito ai continui tagli degli ultimi dieci anni (iniziati negli ospedali periferici e montani), era divenuto il punto di riferimento di tutta la provincia accogliendo utenti da tutte le vallate limitrofe Valtiberina, Valdichiana, Casentino e Valdarno.

Dunque, i presidi pubblici stanno scomparendo, uno dopo l’altro, passo dopo passo, a che scopo?

Per lasciare il posto alle cliniche private, alle quali vengono trasferiti non solo i reparti dismessi in questi giorni dagli ospedali pubblici, ma anche milioni di euro di contributi, come accade ad esempio nel caso del Centro Chirurgico Toscano con una convenzione di 4 mesi del costo di 13 milioni di euro , convenzione che prevede anche il trasferimento di macchinari e attrezzature del San Donato , come è il caso del macchinario di robotica “Da Vinci”, donato dai cittadini e da associazioni di volontariato.

13 milioni di euro al Centro chirurgico toscano per l’attività di 4 mesi che poteva essere svolta a costo zero alla Gruccia o in Casentino è gravissimo. L’ospedale di Bibbiena è costato meno.”

Crediamo, pur nella confusione di questo periodo, che siano domande sensate che però sembrano, per i velinari di regime, delle bestemmie.
E noi vorremmo anche sapere cosa si celi dietro l’incazzatura di ieri del sindaco verso il direttore generale D’Urso circa la questione delle RSA.
La sanità è troppo importante per non avere chiarezza sul suo svolgimento.

Questa città ha già vissuto nel passato, a causa di lotte intestine tra poteri ed affari, lo smantellamento di un’altra eccellenza aretina, la banca Popolare dell’Etruria e del Lazio.

Arezzo non si può permettere un’altra debacle, soprattutto ora.

3 Commenti

  1. La problematica, mi permetto commentare anche e sopratutto da profano, anzi quasi certo di essere smentito, nasce ormai tanti anni fa.
    Non declinando data certa posso dire che dal momento che la Sanità pubblica ha giuridicamente attribuito a se stessa la forma di azienda quindi persone e capitali che svolgono il servizio pubblico a tutela della salute, sono stati via via dai suoi amministratori sotto il controllo politico amministrativo della Regione a cui spetta e qui probabilmente altro errore, l’onere di gestire la Sanità Territoriale nel suo complesso.

    Negli anni, con il lievitare dei costi, personale medico e paramedico inclusi, ed il sorgere liberamente licenziato dallo Stato, di strutture sanitarie private, la politica regionale ha portato avanti il disegno di eliminare in primis i costi superflui, la stessa lunghezza della degenza, ottenendo certi risultati che se premianti per certe amministrazioni, hanno nel tempo causato squilibri nei servizi, nascita di allungamento di attese per prestazioni e quant’altro, il tutto quasi a contrastare per i medesimi lavoratori, rammarcio per aver versato contrinbuzione obbligatoria per la suindicata assistenza sanitaria.

    Quindi col perpetuare simile politiche abbiamo anche vistio sopprimere strutture e per certi conseguenti effetti aumentare il disagio per la pubblica utenza.

    Tralasciando quindi aspetti arcinoti, oggi col divampare di questa maledetta epidemia, vengono al pettine diversi nodi e nel periodo teste emergenziale, difficile porre rimedio.

  2. Che l’ospedale di Arezzo fosse stato in passato una eccellenza è discutibile. Ho avuto la disgrazia di viverci con dei familiari per tantissimo tempo e per tante ore al giorno ed ho visto lacune, supponenza, scarsa professionalità, in certi reparti , in certi medici , in certi operatori, ma tutto si regge. L’ospedale aretino nel periodo 2011 – 2015 a cui mi riferisco funzionava in alcuni reparti in modo eccellente, mentre in altri assolutamente no, direi che c’erano proprio dei luoghi da evitare.

  3. La scelta di fare il San Donato un ospedale Covid è ineccepibile, ci hanno provato negli ospedali più piccoli come a Poggibonsi poi hanno scoperto che il sistema di areazione non era frazionabile (meno male che l’hanno scoperto prima…). I sistemi di areazione degli ospedali delle vallate aretine come sono fatti? Non lo so, di certo non hanno reparti di malattie infettive, di pneumologia e rianimazione con stanze di degenza a pressione negativa idonei alla gestione di malati di Coronavirus, come di tubercolosi. Balzani insomma non ci ha capito molto, e mi risulta che non sia la prima volta in tema di sanità, ma comunque voglio spezzare una lancia in suo favore perché una cosa di striscio l’ha capita e denunciata: stiamo dando 13 milioni a babbo morto ad alcuni istituti privati.
    La verità è che potremmo investire quelle stesse risorse nel potenziamento della chirurgia d’urgenza degli ospedali di vallata, realizzandovi, laddove mancanti, anche i reparti di rianimazione. Invece è stato preferito lasciarli in cassa ai privati che altrimenti si sarebbero girati i pollici. Intanto però si girano i pollici nelle sale operatorie della provincia.

    Ps. il noto chirurgo aretino che opera in uno di questi centri privati, non è che fra qualche mese ci va a lavorare per davvero?

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Luciano Petrai
Luciano Petrai
Di professione “curioso”, ha attraversato negli anni ’80 le speranze ecologiste collaborando attivamente con gli Amici della Terra – Italia. Ha cavalcato le delusioni politiche e sociali attraverso una buona dose di auto-ironia e di sarcasmo. Attualmente fa parte della redazione del periodico “Essere” ed esprime note e lazzi in una frequentata pagina facebook . Ed ora l’esperienza ne “L’ortica” per continuare a pungere divertendosi.

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