Io, Pietro Aretino, figlio di cortigiana con animo di re, scrivo oramai dall’oltre tomba. Son noto al mondo anco per i Sonetti Lussuriosi, che guasi nessuno ha avuto coraggio di pubblicare in epoca recente per via della loro licenziosità. Ma son arte o no, i miei sonetti? Ebbene sì, lo sono, perché superan essi le vergogne per quel che muove il mondo intiero. E allora l’Ortica, testata che del prurito fa filosofia, li pubblicherà uno alla volta, senza vergogna alcuna.
Quello che segue è il nono, uno dei più pudichi, per non scandalizzar troppo d’acchito.
Fottianci, vita mia, fottianci presto,
Poiche per fotter tutti nati siamo,
E s’il cazzo ami tu, la potta io bramo,
Ch’il mondo saria nullo senza questo.
Se dopo morte il fotter fosse onesto,
Direi fottianci tanto che moriamo,
Che di là fotteremo Eva e Adamo,
Che trovorno il morir si disonesto.
Veramente egl’è ver che se i forfanti
Non mangiavan quel pomo traditore
Sò ben che si fottevano gl’amanti.
Ma lasciamo le ciance e sino al core
Ficchiamo il cazzo, e fà che mi si schianti
L’anima, che nel cazzo or nasce or muore.
E se possibil fore,
Verrei pur nella potta anche i coglioni
D’ogni piacer fottuti testimoni.
Pietro