Arezzo ha ed avrà sempre nel suo DNA la “sindrome della porchetta”, ovvero vanificare ogni sforzo relativo ad eventi e manifestazioni (anche di calibro culturale in teoria elevati), andando sempre a finire nella sagra culinaria.
Arte, cultura, pittura, musica, che dovrebbero da soli rappresentare un volano per il turismo e per i cittadini, alla fine diventano un pretesto o una cosa collaterale alle tavolate di rocchio e costoliccio, onnipresenti anche in occasioni in cui non c’entrano nulla.
Ultimo fulgido esempio è la celebrazione del cinquantesimo della Fiera Antiquaria, occasione in cui si poteva e doveva dare spazio a critici, antiquari, collezionisti, esperti di arte e di mobili antichi, con workshop e convegni, mostre di oggetti d’arte antichi e altre manifestazioni di elevato spessore.
E come l’Amministrazione si è mossa ?
Il toro meccanico al Prato, un revival di musica anni 60 bolsa e bollita, il pic nic anni 60, tutta roba degna della Sagra della Salsiccia di Capolona.
L’impostazione che il Comune ha dato alla vita della città, con questa ennesima farsa è quella da Gardaland dei poveri, da Bacchintaime con gli elmi e le spade di plastica, cancellando di fatto un idea “alta” di cultura e di valorazzazione delle bellezze di Arezzo.
In più la inspiegabile cancellazione del bando per le proposte di progetti per il 50° dell’Antiquaria, altra farsa, mette la ciliegina su una torta che puzza tanto di buttino.
Se servono le fondazioni per dare il nome di “cultura” ad Arezzo ad un ciclo di sagre, il vero impeachment datelo a Ghinelli e soci, che stanno trascinando Arezzo in un baratro di vuoto assoluto.
Come anche le montagne di commestibili e i fiumi di alcol consumati nei periodi di Saracino. Con i Quartieri provvisti di licenze di ‘uccidere’ rilasciate all’uopo dalle autorità.