Stura era un buon padre di famiglia: idraulico dalle braccia robuste, non troppo alto, con qualche chilo in più; un volto tondo un po’ più grande del normale, occhi neri e capelli crespi.
Sua moglie, Tira, aveva gambe leggermente arcuate, ricci neri e un corpo ben proporzionato; non era alta, ma sprizzava energia, curiosità e carattere peperino.
I loro due figli, il piccolo Barra e la maggiore Stila, frequentavano rispettivamente le elementari e la scuola media quando ricevettero una PEC sul telefono istituzionale Familiaris.
Questo tablet, installato nel bagno di ogni casa, serviva per votare e per ricevere notizie politiche, amministrative e sanitarie.
Il mondo aveva già attraversato tre pandemie mortali—alcune forse indotte, altre no—ma quelle tragedie non avevano scalfito la folta schiera di rappresentanti eletti. Anzi, molti di loro si erano uniti in matrimonio per moltiplicare benefici e privilegi: erano diventati i veri signori del XXI secolo.
La PEC, accompagnata da una sirena incessante, annunciava l’imminente esplosione di una bomba.
Nel frattempo guerre divampavano ovunque: bastava un attrito fra coinquilini perché scoppiasse un omicidio. I tribunali non funzionavano più. Se, passeggiando, qualcuno incrociava uno sguardo interpretato male, rischiava di essere accoltellato. Le popolazioni di tutto il pianeta soffrivano di un bipolarismo sociale acuto, alimentato da crisi economiche, fanatismi religiosi ed elettoralismi estremi.
Io—che ora racconto—non esisto più: sono solo “terra da ceci”. Ma, da Cassandra, ricordo quando il Castro, in fondo a via Pietro Aretino, divideva la città alta da quella bassa.
Noi ragazzi combattevamo “battaglie” con fionde di elastici ricavati da camere d’aria e “ghiavotteli” di pietra; i nostri arcieri improvvisati con stecche di ombrello erano stati banditi per convenzione. Qualche “cicala” sul cuoio capelluto, lividi e bruciature d’ortica erano il prezzo dei prigionieri. Durante la settimana era guerra; la domenica, però, alcuni “nemici” venivano a fare colazione da noi, i “benestanti” della parte bassa: latte caldo, pane tostato e brioche grandi come dei maxi‑Nipiol, deliziose. Guerra e pace, sì—ma mai la bomba.
Quando la sirena suonò, Stura radunò la famiglia e si rifugiò nel bunker. Da lì non poterono più uscire e morirono come topi. Per sopravvivere qualche giorno in più, Stila offrì un piede da mangiare al fratellino, ma il suo sacrificio fu vano.
Attenti!