Dopo cinque anni di guerra devastante, le forze della PUE – Paesi Uniti Europei si erano ridotte a brandelli. Le linee difensive, un tempo vanto della cooperazione continentale, si erano ritirate ben oltre il Danubio, mentre a nord si aggrappavano con le unghie all’Oder. In altre parole: l’Europa era in braghe di tela.
Il merito – o la colpa – era tutto di Gatlin, stratega spietato, che aveva sollevato nei cieli 12.000 droni cinesi dotati di doppia telecamera “a occhi fini”: praticamente gufi elettronici, infallibili anche di notte.
L’esercito della PUE, composto da 250.000 soldati anglofoni (perché l’inglese sembrava cool, anche dopo la Brexit), fu polverizzato tra Polonia e Romania. In Ungheria, 30 divisioni furono ridotte al silenzio da robot nordcoreani telecomandati, talmente efficienti da chiedere il permesso anche per sparare.
In tutto ciò, l’ultima difesa dell’Europa era in mano a 20.000 francesi, 30.000 tedeschi sassoni e… l’Italia. Il contributo tricolore? Due baresi di Bisceglie, uno di Gallipoli, il mitico capitano Martini del Genio militare, e il leggendario Beppone di Gello Alto, addetto alla logistica. Una squadra selezionata con criteri noti solo al destino.
Il vero dramma scoppiò quando si scoprì che mancava l’aglio per la porchetta, unico carburante in grado di tenere svegli i resti dell’esercito italiano. Il destino della patria si legò così a una treccia d’aglio.
Beppone partì eroicamente in bicicletta verso le retrovie francesi. Dopo quattro ore per fare 25 km (la bici non aveva il navigatore e seguiva le stelle sbagliate), arrivò alle linee francesi e sventolò un fazzolettino bianco con la destra:
“L’avet vuglial’tre… ‘na treccia d’aglio blanc!?”
I francesi, sentendo il dialetto pugliese stretto, pensarono fosse un agente nemico sotto copertura. Ignorarono le urla disperate di Beppone:
“Sono de Gello! Amico di Tonio d’Antria! Italien, italien!”
Ma fu tutto inutile. Beppone fu arrestato e fucilato come spia. E tutto per un condimento.
Ecco la verità: prima di pensare a un esercito europeo unito, serve una lingua comune. E no, non il francese della Borgogna. Serve il dialetto pugliese, universale, musicale, inconfondibile. Perché in guerra, come nella porchetta, senza aglio non si va da nessuna parte.