Poco prima di Ferragosto di quell’anno lontanissimo, il 1950, la mia mamma decise di portare me e mio fratello Pietro a Terontola, a trovare sua sorella Ada.
Zia Ada, maestra dagli occhi grandi e celesti come quelli del nonno, era severa ma non cattiva con i suoi scolari. Aveva sposato lo zio Nello, che gestiva un mulino a grano: la struttura esiste ancora oggi, vicino alla ferrovia. Ada era la maggiore delle tre sorelle. La seconda era la zia Ida, forse la più intelligente, anche se non la più scaltra. Infine c’era la mia mamma, Vittorina. Tutte e tre erano maestre. Il momento più bello era vederle, da anziane, nel bagno con i grandi specchi alle pareti: parlavano per ore guardandosi di sponda, attraverso il riflesso.
Partimmo la mattina presto. Andammo alla Mossa a piedi, dove ci avrebbe caricati sul cassone di un Lancia 3Ro “Il Giovannone”, il secondo autista della Ditta. In cabina salì Paolo, e noi tre ci accomodammo sopra un fastello di balle di juta. Il camion era diretto a Viterbo, in Maremma, per caricare il grano.
Giovannone era un omone, alto quasi due metri, di una forza incredibile. Paolo, più mingherlino, era un umbro trapiantato ad Arezzo: autista, trattorista, tuttofare. Con quei due mi sentivo al sicuro, anche se il caldo era già forte fin dal mattino. La mamma ci mise in testa dei fazzoletti legati con quattro becchi per ripararci dal sole che “coceva”.
Il camion aveva un’andatura lenta ma sicura. Con il suo muso lungo, il parabrezza a due vetri e la cuccetta, mi sembrava immenso: quasi mi faceva paura, da quanto ero piccolo.
Durante il viaggio, molte auto ci superarono. Tiravano dietro dei piccoli carrozzoni. Non avevano targhe nere, ma portavano tanti stemmi. Chiesi alla mia mamma:
— “Unn’ vanno tutti questi zingari?”
E lei mi rispose:
— “Non sono zingari, sono stranieri. Quelle casine dietro si chiamano roulotte. Vanno a Roma a vedere il Papa, quest’anno è l’Anno Santo!”
Una, due, tre, quattro… non so quante roulotte ci superarono. Finché, preso da un innato senso di orgoglio, sbottai:
— “Io, italiano d’Arezzo, dico che dobbiamo sconfiggere tutti questi stranieri che passano per la via di Terontola!”
Arrivati a destinazione, passai il giorno a guardare i treni. Davanti alla casa-mulino della zia osservavo la ruota che faceva girare la locomotiva a carbone, utile per comporre i convogli. C’era anche una linea per Perugia e un’altra per Chiusi, dove correva la Littorina, che mi piaceva tanto…