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venerdì, Giugno 20, 2025
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Ai Stories: Telefono e sport

Quando lo sport si piegò alla realtà: il telefono diventò parte integrante del gioco, fino all'assurdo

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Quando la nuova regola fu proposta suscitò non poco imbarazzo ma fu compresa. Era inevitabile. Gli esseri umani avevano ormai il telefono in mano. La vita era con un telefono in mano. Si alzavano e scrollavano. Mangiavano e scrollavano. Al lavoro scrollavano. Di lavoro scrollavano, chattavano, parlavano, digitavano. Sempre al telefono. Sempre con il telefono in mano. Era inevitabile che il telefono entrasse nello sport. Si infilasse in quella parte dell’attività umana che sembrava esserne restata immune.

Il primo ad accogliere la nuova regola fu il gioco del pallone. Valeva così tanti soldi, per tutti, che una bella e spiazzante novità come quella dell’introduzione di 22 telefoni in campo – per non parlare di quelli di arbitri, allenatori e giocatori in panchina e di quei giocatori da milioni di euro che ne avrebbero presto voluti due – non poteva non essere presa in considerazione. I grandi marchi ci si buttarono a capofitto.

La regola era la più semplice possibile: i calciatori avrebbero dovuto fare niente di meno di ciò che facevano sempre, tenere il telefono in mano. Chattare, scrivere, rispondere con tutto il pacchetto di annessi e connessi. Durante tutta la partita. Un apposito software di intelligenza artificiale avrebbe monitorato l’attività telefonica di ogni giocatore. Barare sarebbe stato impossibile. Anche per l’arbitro, chiamato a non esimersi dal far parte del gioco telefonico.

Fu un vero spasso. Le prime partite finirono 32 a 28 e simili. Il divertimento, nel senso del riso più sfrenato, non era mai stato a così alti livelli. La rabbia raggiunse vette parossistiche. Amici, parenti, conoscenti, followers, tutti furono invitati a comunicare costantemente con i loro paladini in campo durante tutto il match. E i paladini costretti a rispondere e a intrattenerli. I falli diminuirono del 95%: dare un calcio all’avversario, volontariamente, divenne presto impossibile. Vederlo e sanzionarlo altrettanto.

Il tennis accolse la norma con opportune modifiche, non alla norma ma al gioco. Riduzione del campo, abbassamento della rete, incorporamento del telefono nella racchetta. L’atletica propose apposite olimpiadi di atletofono, ovvero l’arte dell’atletica col telefono. Fu l’olimpiade più pazza mai sperimentata. Ci fu chi propose di lanciare il telefono anziché il giavellotto, e chi lo fece, soprappensiero.

La ginnastica ritmica ci andò a nozze. Il telefono divenne presto un elemento di ogni figurazione.

Ed ecco come avvenne l’ingresso del telefono nello sport. In ogni sport. Ed oggi che non teniamo più il telefono in mano, ma in un chip sottocutaneo, non possiamo che chiederci: e ora, cosa facciamo?

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Gianni Micheli
Gianni Michelihttp://www.giannimicheli.it
Gianni Micheli Giornalista, scrittore, regista, attore, musicista e collezionista di storie. Sulla carta, sul web, in teatro e a scuola, ha una particolare predilezione per la scrittura creativa, la drammaturgia dedicata all’infanzia, la multiculturalità e per il teatro civile. Dal 2012 è uno degli autori della Staffetta di Scrittura Creativa organizzata da BiMed (Biennale della Scienze e delle Arti del Mediterraneo). Nel 2020 è uscito Testone il piccione, Vertigo Edizioni. Nel 2021 con Lezioni d’amore e di chitarra, Edizioni Helicon. Ha collaborato, tra gli altri, con Stefano Massini, Ottavia Piccolo, Amanda Sandrelli, Dario Brunori, Margherita Vicario, Moni Ovadia, Marisa Fabbri. È apparso sulla Rai e La7. Parte dello staff di Officine della Cultura è responsabile dell’ufficio stampa di alcuni importanti festival nazionali. È tra i fondatori dell’Orchestra Multietnica di Arezzo. www.giannimicheli.it - www.giannimicheli.eu
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