I Mille di Garibaldi e il loro errore
Spesso si pensa ai Mille di Garibaldi come a un gruppo di valorosi patrioti uniti sotto la bandiera dell’Unità d’Italia. In realtà, si trattava di circa 1162 uomini, con un “mezzo” che era rappresentato da un tamburino nano, arruolatosi volontario nonostante la recente riforma nell’esercito regio. Proveniente dalla Sardegna, il tamburino seguiva le orme di un cugino celebre, ispirato al personaggio del De Amicis, che aveva combattuto a Goito nel 1848.
La spedizione partì nella notte tra il 5 e il 6 maggio 1860, una data importante per non essere confusa con il 5 maggio, anniversario della morte di Napoleone Bonaparte, celebrato da Manzoni nella famosa ode. Così, alle 00:20 del 6 maggio, gli uomini si imbarcarono, pronti a solcare le acque per un giorno e mezzo fino a Talamone, dove ricevettero armi, munizioni e fondi per la spedizione. Anche famiglie di Arezzo contribuirono economicamente, tra cui quella dell’autore del testo e dei Carlini, di inclinazioni socialiste e repubblicane.
L’errore dei pasti
Molti potrebbero pensare che il vero errore fu affidare l’Unità d’Italia ai Savoia, ma in realtà il primo errore fu culinario. Prima della partenza, per affrontare la notte fredda, fu servita una minestra di Millefanti, una zuppa povera a base di pane ammollato in brodo, tuorli d’uovo, cacio, cannella e sale. Il tutto veniva asciugato vicino al fuoco, tagliato a striscioline e cotto per dieci minuti in brodo. Ma poiché erano 1162 e mezzo, la quantità si rivelò inadeguata. Continua a leggere
La sosta a Marsala
Dopo altri quattro giorni di navigazione, l’11 maggio sbarcarono a Marsala. Da lì, Garibaldi e i suoi decisero di muovere verso Salemi, percorrendo 47 chilometri. Per risparmiare sulle razioni pesanti, scelsero uno spuntino leggero e ordinarono arancini, pensando fossero agrumi che li avrebbero rinfrescati e dissetati. Con sorpresa scoprirono che gli arancini siciliani erano tutt’altro: coni di riso ripieni di ragù, prosciutto e mozzarella. Saporiti ma sostanziosi, gli arancini rallentarono il passo dei Mille, che giunsero a Salemi solo due giorni dopo, sfiancati e costretti a un’ulteriore sosta prima di ripartire il 15 maggio per Calatafimi.Continua a leggere
Garibaldi conquista Palermo, ma non si fida a mangiare…
Dopo la vittoria del 15 maggio a Calatafimi, Garibaldi e le sue truppe avanzano verso Palermo. Nel frattempo, la popolazione si solleva contro i Borboni, che, dal Palazzo dei Normanni e dalle navi in mare, bombardano sia le truppe in giubba rossa sia la stessa popolazione palermitana. La battaglia dura dal 27 al 30 maggio e, alla fine, tutta Palermo viene liberata!
I festeggiamenti sono fastosi: anche la nobiltà partecipa all’insurrezione e si organizzano fuochi d’artificio, danze e banchetti in onore del condottiero e dei suoi generali, che nei quindici giorni di assedio hanno assistito alla morte di numerosi soldati e civili, vittime delle granate. Continua a leggere
La Mafia e Garibaldi
Dopo la conquista e liberazione di Palermo, si rese necessario liquidare le orde di picciotti che avevano aiutato Garibaldi. Il nostro “eroe dei due mondi” si riunì con i suoi generali e con Francesco Crispi di Ribera (Agrigento) per una cena che suscitò stupore in molti dei presenti: nessuno, eccetto Crispi, aveva mai assaggiato la caponata. Continua a leggere
😋Evviva Garibaldi