Il primo giorno viola della storia capitò nei pressi di Natale.
Una domenica, per essere esatti.
Le prime a diventare viola furono le bollette sopra le credenze, cosa che suscitò non poco clamore.
«I prezzi stanno impazzendo!» fu la prima, scontata, giustificazione.
«Il clima è già impazzito!» fu la seconda.
«Però, c’è dell’umorismo!» fu la risposta dei più ottimisti.
Di seguito fu la volta delle mamme e il cambiamento non passò inosservato.
Le mamme della città, dalla prima all’ultima, si ritrovarono tinte di viola, dalla testa ai piedi, nel giro di pochi secondi.
Le chiamate al primo soccorso, tra l’altro inascoltate dato il giorno di festa, resero viola perfino i telefoni cellulari, e questa fu la terza trasformazione che colpì anche i telefoni delle restanti donne e degli uomini, dal primo all’ultimo.
Lo sconcerto piombò sulla città.
I più catastrofici cominciarono a parlare di colpa e di espiazione.
«Il viola è il colore della penitenza!» dicevano cercando di convincere chi gli stava accanto e ancora: «Non è un caso che tutto ciò accada nei pressi del Natale».
All’ora di pranzo di quella stessa domenica una folla si mise in viaggio verso il Municipio della città.
Le mamme viola, innalzando al cielo i propri telefoni viola, guidavano il corteo.
A seguire lanciavano le proprie urla disperate i papà per finire con il resto delle donne e degli uomini divenuti egualmente viola all’incirca a mezzogiorno.
I ragazzi e i bambini seguivano festanti: non riuscivano a non ridere guardandosi gli uni con gli altri.
Quando le scarpe si colorarono di viola la sorpresa riempì il volto di tutti.
Scarpe nere, scarpe bianche, scarpe vecchie, scarpe sporche, tutte si tinsero dello stesso colore di quei visi che le guardavano sbalorditi.
«Che belle! Una nuova moda!!!» gridarono le ragazze staccandosi dal corteo.
I ragazzi le inseguirono non appena si colorarono i pantaloni.
«Dove andate! Restate nel corteo!» provarono a gridare gli uomini, padri e non, ma poi si staccarono a loro volta non appena divennero viola tutte le automobili, dalla prima all’ultima: quelle vecchie, quelle nuove, quelle piccole, quelle rotte.
Fu allora che anche le donne e le madri, incapaci di darsi una qualsiasi giustificazione, abbandonarono il corteo, una alla volta: chi attratta da una vetrina viola, chi da un elettrodomestico viola, chi da un manicaretto viola.
Quelle attratte dalle auto viola si erano già staccate con gli uomini ma non furono molte, non ancora.
Tutta la città restò viola fino alla mezzanotte circa quando i colori, nel buio della notte, cominciarono a riconquistare le loro sedi.
L’indomani il viola era rimasto solo nei giardini e sui balconi.
Quel giorno, il primo giorno viola della storia, fu ricordato da tutti come uno dei giorni più stupefacenti della propria vita: nell’assenza di qualsiasi orientamento dovuto a tinte e colori l’amicizia era nata spontanea, così l’empatia fra esseri di uno stesso colore e di un’eguale disavventura. Era sbocciato perfino qualche amore.
I primi a perdere il colore violo furono i soldi e se ne accorse solo chi li aveva in mano e continuava a guardarli.
Un quotidiano tra le mani, le parole rappresentative di alcuni titoli, un barattolo di colla, un foglio bianco, un semplice mix fino a creare un articolo che ci piacerebbe leggere: questa è l’idea che sta alla base del racconto di oggi.
Per chi ha voglia di partecipare al progetto Titoli&Colla non resta che fare altrettanto e inviare immagine e racconto all’indirizzo: sottoidiciotto@gmail.com.
I racconti più promettenti saranno pubblicati su lortica.it.
Buona fantasia a tutti i lettori.