Il partito ad Arezzo è come l’uomo.
Quando gli prendono i 5 minuti, gli prendono i 5 minuti.
Arriva ad un punto di nervoso tale, che giù schiaffi a lui, il sindaco, e a lei, della Provincia.
Però, il partito, anche se è democratico, bisogna saperlo capire come bisogna capire l’uomo che è democratico ma s’arrabbia.
Gli va male ‘gni cosa: ha una Ditta nazionale ma non naviga in buone acque e i sondaggi la danno in discesa, anche se non è in caduta libera; se, poi, ci si mette il caso non bello successo a una cooperativa in questi giorni, ecco che non contribuisce alla calma; è sotto stress per un grosso impegno di lavoro che si chiama Conferenza programmatica provinciale ed ha anche la gatta da pelare di trovare una quadra comunale…
Insomma:
il partito ad Arezzo è come l’uomo e ci sono momenti in cui può uscire dai gangheri e quando ha i 5 minuti si convince che in un giorno può riuscire a buttare fuori tutti coloro che non gli vanno bene e che non è riuscito a tenere fuori grazie a regolari elezioni.
E, infatti, è ciò che è avvenuto ieri.
In quanto?
Nel giro di un paio d’ore, il partito avrebbe messo alla porta il sindaco, con un bercio di dare le dimissioni, e, poi, avrebbe accompagnato all’uscio di una commissione della Provincia, la presidente.
Quando gli prendono i 5 minuti – ripeto – gli prendono i 5 minuti e non ci vede più niente. Il partito ad Arezzo è come l’uomo, bisogna aspettare che gli passi.
Poi gli passa e si rimette buono, buono.