Da asilo a acquitrino, passando per la burocrazia: il miracolo all’incontrario di via Filzi

Il cantiere abbandonato di via Filzi diventa il simbolo di degrado, ricorsi e progetti falliti: tra promesse svanite e battaglie legali, i cittadini pagano il prezzo dell'immobilismo

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C’era una volta un asilo, il Sant’Antonio, sorto grazie all’impegno del quartiere Saione. Oggi, nello stesso luogo, sorge (si fa per dire) un’opera degna della più nobile tradizione italiana: l’abbandono decorato da carte bollate, acqua stagnante e degrado garantito. Benvenuti in via Filzi, dove ogni sogno urbano va a morire in un fosso pieno di zanzare.

L’epica trasformazione da scuola dell’infanzia a cantiere zombie è iniziata con l’ambizioso progetto della giunta Ghinelli: una nuova caserma della Polizia Municipale. Idea talmente rivoluzionaria che il Comune non ha mai potuto acquisire direttamente l’immobile, preferendo affidarsi al complicato e poetico strumento del “leasing in costruendo”. Tradotto: una specie di matrimonio combinato con una banca, finito a urla e dispetti.

Il Comune, dopo aver rotto il contratto con la dolcezza di un elefante in una cristalleria, ha chiesto alla Banca Iccrea – proprietaria dello scheletro in cemento – di bonificare l’area, tombare gli scavi, murare gli ingressi e rifare il trucco a tutta la zona. Iccrea, per nulla divertita, ha risposto con un garbato ma deciso “ci vediamo in tribunale”, considerata l’ordinanza “illegittima, sproporzionata e mancante della firma del sindaco”, che avrebbe dovuto farsene carico in quanto autorità sanitaria.

E così, mentre le carte volano nei corridoi del TAR Toscana e si stimano 350mila euro per rendere l’area almeno vivibile, i residenti devono convivere con vasche d’acqua piovana che presto diventeranno il luna park delle zanzare, e un ex cantiere che ormai ospita più presenze abusive che un reality show. Sicurezza, igiene, decoro? Parole scomparse nel pantano burocratico.

Nel frattempo, in Consiglio comunale, il consigliere Pd Alessandro Caneschi fa domande su valore dell’immobile, possibili acquisizioni e piani B, mentre l’assessore Sacchetti risponde che ce l’hanno messa tutta, che le colpe sono altrove, e che forse – forse! – il Comune comprerà tutto, progetto incluso. Prima, però, servirà una perizia. E poi un appalto. E poi… un miracolo.

Morale: da asilo per bambini a metafora del fallimento amministrativo. A via Filzi non servono solo lavori, serve un esorcismo urbanistico. Ma attenzione: tutto è perfettamente legale. E tremendamente assurdo.

Immagini  di Franco Dringoli

1 commento

  1. Invece di spendere denari pubblici su carte bollate e avvocati, un comune “illuminato” dovrebbe ammettere che forse ha osato troppo e porre rimedio. Come? Il comune trovi un accordo minimo con la banca e recuperi quel che è possibile, poi cambi di destinazione l’area, trasformi gli scheletri in appartamenti (a occhio c’entrano una 25ina di appartamenti), li venda e destini i denari del ricavato alla costruzione della caserma in una porzione del piazzale della manutenzione, in via Tagliamento (terreno già di poprietà) dove esistono spazi più che idonei al contenimento della caserma e dei parcheggi per le auto della municipale e dei cittadini che hanno bisogno di un servizio. Ma prima di ammettere l’errore si preferisce lasciare lo scheletro come han fatto con Lebole… non c’è che dire la politica aretina e’ davvero lungimirante.

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