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venerdì, Marzo 28, 2025
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Il Mistero del Fosso

Il gossip di Cesare Fracassi
Un cadavere misterioso trovato in un fosso. L’ispettore Volpicelli indaga tra indizi enigmatici e un possidente scomparso

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Capitolo I – Il ritrovamento

Il 6 aprile del 1949, alla curva in fondo a via Erbosa, vicino all’angolo del Tiro al Piccione, proseguendo verso Santa Maria delle Grazie, intorno alle 6:45, un uomo fu trovato morto in fondo a un fosso. A fare la macabra scoperta fu un certo Bindi, che si recava al lavoro in bicicletta verso il Fabbricone.

Il corpo apparteneva a un uomo dalla corporatura robusta, con capelli ricci e spettinati. Aveva un occhio semi-chiuso e l’altro sbarrato, fisso sul ciglio della strada. Indossava una ciabatta di tessuto a quadretti marroni e amaranto, con una sottile suola di pelle. Il suo naso era a patata, abbastanza pronunciato, e la bocca storta, segnata dalla rigidità cadaverica. Portava un pantalone da camera a strisce marroni scure e più chiare, con la patta aperta, lasciando intravedere il folto pelo del pube e parte del sesso. Sopra, una giacca di velluto marrone scuro a coste grosse, ancora stretta in vita da un cordoncino dello stesso colore, terminante con due nappine. Sotto la giacca si scorgeva una camiciola di lana caprina marroncina, il cui polsino spuntava leggermente dalla manica della giacca.

Attorno al luogo del ritrovamento si radunò rapidamente un gruppo di curiosi, data la vicinanza di un palazzo di quattro piani, dal quale era sceso lo stesso Bindi prima di avviarsi al lavoro. Continua a leggere


Capitolo II – La zona

Dietro l’Arena Eden si trovava la pesa pubblica, zona notoriamente frequentata di sera da donne di facili costumi. Da un lato, l’Alberata e una delle poche strade asfaltate, viale Michelangelo, sempre trafficata da autotreni con rimorchio. Dall’altro, gli uffici della Safcem, il “Fabbricone”, il muro della grande fabbrica di trebbiatrici e di carri ferroviari, all’epoca con più di 1.500 dipendenti.

Procedendo per duecento metri verso il ponte della Parata, si trovavano i campi da bocce e i dancing del Fabbricone. Da lì si estendevano i campi fino al ponte, dove sorgeva la casa dei Cherici e le case popolari. Due strade sterrate si dipartivano da quel punto: via Erbosa e quella che sarebbe poi diventata via Ristoro, conducendo al “quercione”. Dopo alcuni terreni coltivati iniziava il quadrilatero delimitato dal muro di cinta del Fabbricone, che si estendeva fino al Tiro al Piccione, racchiudendo non solo la fabbrica ma anche un podere di circa 40 ettari. Il muro proseguiva fino a viale Mecenate, dove si trovava lo zuccherificio provinciale, semidistrutto dai bombardamenti.

Tornando verso Arezzo, dopo il passaggio a livello di via Trasimeno (oggi via Fallaci), si trovavano le prime rotaie che conducevano, tramite locomotiva a vapore, le carrozze all’interno della grande fabbrica. Un secondo binario correva lungo la curva di viale Michelangelo.Continua a leggere


Capitolo III I reperti

Tutti i reperti che i due questurini avevano raccolto nel fosso di via Erbosa, nei pressi del cadavere di Bruno Rispoli, furono disposti sopra un tavolone in una stanza della questura, dietro piazza della Repubblica.

Tra gli oggetti rinvenuti c’erano due pacchetti vuoti di sigarette, uno di Alfa e uno di Nazionali, due preservativi usati, un manubrio rotto di bicicletta e un bollo auto scaduto nel 1947. Il panino con il salame, la colazione del Bindi, era stato restituito al legittimo proprietario. Inoltre, vi era anche il corpo fossilizzato di un piccione, probabilmente ferito e poi caduto tra l’erba del fosso.

Volpicelli, sempre a bordo della campagnola, si recò alla casa del Rispoli, dove lo attendeva la moglie del defunto, Rosa Nascimbeni.Continua a leggere


Capitolo IV  Il colloquio con Rosa

Quando Rosa tornò nel salottino con il vassoio del tè, Volpicelli si accorse che il seno della donna non era poi così piccolo. Piegandosi in avanti per posare il tè sul tavolo quadrato, dalla scollatura dell’abito scuro abbottonato davanti si intravedevano due belle e invitanti collinette.

Volpicelli chiese: “Quando si è recata a denunciare la scomparsa?”

Rosa rispose: “Due mattine fa, dopo una nottata insonne… Ero tornata dalla chiesa la sera prima e non lo avevo trovato in casa. L’ho aspettato per tutta la notte, poi mi sono recata in paese a denunciare la scomparsa.”

L’ispettore domandò: “Era solito assentarsi, o no?”

Rosa spiegò: “Alcune sere prendeva la sua Topolino e si recava ad Arezzo per giocare a carte presso un circolo di cui era socio, il Verdi. Ma non quella sera, visto gli abiti che indossava… almeno da quanto ho visto stamani al riconoscimento, dopo che mi hanno avvertito i carabinieri e portata ad Arezzo.” Continua a leggere

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Cesare Fracassi
Cesare Fracassi
Nato ad Arezzo nel 1946, in via Crispi 66, al suono della prima sirena del Fabbricone. Frequentò le elementari a Sant'Agnese, una scuola di vita e di battaglie. Dopo le medie, proseguì con il liceo classico e intraprese studi di medicina e giurisprudenza, completando tutti gli esami di quest'ultima. Calciatore dilettante, fondatore della squadra Tuscar Canaglia, sciatore agonistico e presidente della FISI provinciale. Esperienze lavorative: mangimista, bancario, consulente finanziario, orafo, advisor per carte di credito, ideatore della 3/F Card, registrata presso la SIAE (sezione Olaf n°1699 del 13/4/2000) con il titolo "Global System", agricoltore e, ora, pensionato.
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