Ho sempre pensato che l’idea di uno “Stato italiano” fosse più un concetto astratto che una realtà concreta. Sì, siamo un unico Paese sulla carta, ma nella vita quotidiana, nel cuore delle nostre città e dei nostri borghi, siamo qualcosa di molto più sfaccettato, più complesso. Venti regioni, ognuna con la propria anima, il proprio carattere, il proprio modo di parlare e di vivere. Un lombardo non è un veneto, così come un ligure non è un toscano. I sardi? Sono un mondo a parte rispetto ai siciliani, e potrei continuare fino ad elencarle tutte. Non siamo un popolo unico, siamo un mosaico, una trama di storie e radici che si intrecciano senza mai confondersi.
Ed è proprio in questa molteplicità che trovo la nostra bellezza. Mi emoziona pensare a quante storie diverse ci portiamo dentro, a quante tradizioni abbiamo ereditato dai nostri nonni, dai nostri genitori. Ogni regione è uno scrigno prezioso, ogni città ha il suo sapore, il suo ritmo, il suo accento, le sue tradizioni, i suoi riti. Ci sono ricette che non cambiano mai, tramandate con gelosia di generazione in generazione, come tesori di famiglia. Un piatto di pici all’aglione in Toscana ha lo stesso valore di un risotto alla milanese in Lombardia o di una granita con brioche in Sicilia. Perché non è solo cibo: è appartenenza, è identità, è un “pezzo di casa”.
Eppure, c’è qualcosa che mi affascina ancora di più: il contrasto tra passato e futuro, quella tensione costante tra il rispetto delle radici e la voglia di innovare, di guardare avanti. Milano è forse il simbolo più evidente di questo equilibrio instabile e meraviglioso. È la città dove puoi sederti in un’osteria storica e trovarti immerso nei profumi di un tempo, tra pareti che hanno visto passare generazioni di lavoratori, artisti, sognatori e gustare una autentica “cassoeula”, basta fare pochi passi per ritrovarsi in un lounge bar dal design futuristico, tra cocktail d’autore e luci soffuse, in un’atmosfera proiettata verso il domani.
E non è solo Milano. È tutta l’Italia a essere un viaggio tra epoche diverse. Puoi camminare tra i vicoli di un borgo medievale e, pochi chilometri dopo, ritrovarti immerso nell’avanguardia di una metropoli. Puoi ascoltare un dialetto antico, che resiste ostinato ai secoli, e subito dopo essere travolto dall’inglese che riecheggia nei quartieri più internazionali. Questo contrasto non è una contraddizione, è la nostra essenza.
Ogni volta che attraverso l’Italia, mi sorprendo sempre di quanta diversità ci sia nel nostro modo di essere, di vivere, di sentire. Ogni regione ha il proprio tempo, il proprio respiro, il proprio modo di accogliere chi arriva. Eppure, in qualche modo, ci riconosciamo sempre, ci sentiamo parte di qualcosa di grande, anche quando litighiamo su quale sia la carbonara “giusta” o se si dica arancina o arancino. Perché dietro queste piccole battaglie identitarie si cela il senso più profondo del nostro essere italiani: la voglia di preservare, di tenere vivo ciò che ci rende unici.
Mi piace pensare che in ogni angolo d’Italia ci sia una storia da raccontare. Ogni borgo, ogni città, ogni regione ha la sua anima, il suo spirito, il suo modo di interpretare la vita. E noi, con tutte le nostre differenze, siamo il vero patrimonio di questo Paese, uno scrigno d’arte e cultura come nessun altro al mondo.
Non siamo un popolo unico, siamo un caleidoscopio di popoli, un intreccio di culture che non si fondono, ma si affiancano, mantenendo ognuna la propria voce. E con questa straordinaria molteplicità, possediamo un patrimonio di idee, talento e bellezza che il mondo intero ci invidia. Il Made in Italy non è solo un marchio: è un modo di essere, un’eccellenza riconosciuta che fa scuola ovunque.
Ed è proprio questa ricchezza di sfumature a renderci unici e irripetibili. Senza nulla togliere agli altri, viene da pensare che il “Belpaese”, come ci hanno sempre chiamati nel mondo, sia stato baciato dalla fortuna. Forse, alla sua nascita, l’Italia è stata sfiorata dalle bacchette magiche di fate generose, che le hanno donato bellezza, arte e quel tocco di magia che tutto il mondo le invidia ancora oggi. S.S.C.
* Sabina Sabrina Crivellari ha sempre avuto una forte curiosità per l’arte e la cultura in tutte le sue forme. Negli anni (dal 1997 fa parte del gruppo artistico “GAM”) ha sperimentato diversi linguaggi espressivi, dalla pittura con ogni tipo di materiale e volti in argilla, dalla prosa alla poesia, dalla fotografia alla scrittura, partecipando a mostre e progetti locali. Vive nel borgo Melzo, dell’hinterland milanese, da tre decadi, dove ha realizzato ritratti e testi dedicati a figure melzesi anche su richiesta, negli anni, di alcune amministrazioni comunali. Osserva con passione l’Italia nelle sue molteplici sfumature, tra passato e futuro, raccontandone i dettagli che la colpiscono di più, cerca di tenere un occhio vigile sulle trame geopolitiche mondiali e ha una particolare cura, continua, nella ricerca di verità spirituali da più fonti possibili.