Gentile e donnaiolo lo raccontano nelle storie, ma atti di sangue e di ferocia ne ha compiuti molti.
Gnicche, noto bandito del XIX secolo, è stato arrestato in una notte di sorpresa in una capanna dove dormiva.
Le forze dell’ordine, grazie a una spiata che si dice provenisse da un contadino del posto, un mio omonimo, Cesare Fracassi, lo colsero in flagrante.
Gnicche fu rinchiuso in carcere ad Arezzo insieme ad altri banditi, tra cui il famigerato Gigetto di Città di Castello.
Tuttavia, con l’aiuto di un secondino corrotto, riuscirono a evadere e a dileguarsi verso la Libbia.
Il gruppo si separò ben presto, ma Gnicche non si allontanò mai da Arezzo: il suo obiettivo era la vendetta.
Una notte, a Sargiano, al bivio per il convento, Gnicche attese l’arrivo dei contadini invitati dai frati per la molitura delle olive.
Entrato nel refettorio del convento, fece allontanare tutti i presenti eccetto il povero uomo che lo aveva tradito, e gli sparò alla gola, consumando così la sua vendetta.
La sua sete di sangue non si placò qui.
Gnicche si scagliò anche contro una giovane donna di Creti, con la quale aveva avuto rapporti.
La donna aveva cercato invano di tendergli un tranello accordandosi con la polizia per catturarlo. Sempre a Creti, per il sospetto di un’altra spiata, uccise una donna di nome Assunta Nofroni.
Si dice che il Gnicche fosse noto per il suo coltello a cricche, ma queste vittime furono tutte rese cadaveri da colpi di fucile.
La sua ferocia e la sua sete di vendetta lo resero una figura temibile, ricordata ancora oggi per i suoi atti sanguinari.