Che fosse un donnaiolo, tutti lo sapevano, ma che facesse concessioni senza lasciare segno, non è vero.
Nelle varie storie del brigante aretino, si racconta che entrò nella parrocchia della Chiesa di Badia al Pino e minacciò il prete di morte se non gli avesse dato 1000 lire.
Il povero prete, impaurito, per guadagnare tempo tergiversava, dicendo che aveva con sé pochi franchi e che se Gnicche fosse tornato dopo qualche giorno, glieli avrebbe consegnati.
Il bandito notò che la perpetua era una bella ragazza, dotata di un seno prorompente e di un fondoschiena invitante.
Si dice che avesse chiesto la perpetua come ostaggio tremante, e che il prete avesse risposto: “Meglio morire, ma la perpetua non te la do!”
Gnicche allora prese i pochi spiccioli e se ne andò.
La vera storia è che il bandito aveva una tresca con la bella ragazza e che, una notte d’estate, il prete, alzandosi per chiedere una brocca d’acqua per dissetarsi, trovò il brigante “a trenino” sulla giovane.
Cercando di svignarsela per avvertire i carabinieri, fu raggiunto da Gnicche, steso a terra e minacciato anche nella sua integrità fisica, se avesse tentato di nuovo di scappare.
Si dice inoltre che la ragazza si gettò sulle spalle nude del bandito, pregandolo di non infierire sul povero prete.
Gnicche, infatti, lasciò una lauta dote in lire affinché il prete maritasse la giovane con un povero uomo del Tegoleto.
Continuò a frequentarla fino a quella notte in cui, tradito dal cornuto, fu trafitto da una pallottola di fucile mentre scappava dalla finestra.