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giovedì, Gennaio 16, 2025
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Giostra del Saracino, tutto fa spettacolo (anche quello che non c’entra)

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Premessa: io non sono nativo aretino ma negli ultimi quarant’anni ho abitato a più riprese ad Arezzo e attualmente risiedo qui da oltre un decennio.
Quello che invidio agli aretini è la passione per le proprie tradizioni vissuta con slancio a volte eccessivo ma sincero.

Per uno come me, abituato a vivere in modo compassato le rievocazioni storiche del posto dal quale provengo, vedere l’impegno, la passione che ogni quartierista mette nel partecipare a vario titolo alla Giostra del Saracino, è fonte di stupore e di meraviglia. Bellissima la giostra, bellissimo il calore e la rivalità fra i quartieri, bellissimi i costumi dei figuranti ma… …Ma venendo da fuori non posso fare a meno di notare quelle piccole incongruenze che agli occhi di gente del posto possono passare inosservate.

Ho sempre sentito parlare di rievocazione medioevale ma gli abiti indossati dai protagonisti della piazza mi sembrano più ispirati alle pitture del mio conterraneo eseguite nella cappella Bacci; roba del 1450 o giù di li.

Se poi vogliamo tirare in ballo Dante Alighieri per avvalorare la tesi medioevalista della giostra (“corridor vidi per la terra vostra o aretini”) non vi passa per la testa che l’unica volta che il poeta ha visto da vicino Arezzo è stato durante l’assedio del 1289 da parte dei fiorentini dopo la battaglia di Campaldino?
Dante ce l’aveva particolarmente con gli aretini forse perché, proprio a Campaldino, durante le prime fasi della battaglia, lui, mandato in avanscoperta con altri ragazzotti (erano i cosiddetti feditori) preso da paura, se l’era fatta addosso.

“Temenza molta” scrisse poi lui stesso a proposito dell’inizio della battaglia ma uno come lui, intellettualmente onesto ma umanamente rancoroso, doveva pur trovare i colpevoli a causa dei quali aveva palesato i propri limiti di coraggio.
Durante l’assedio di Arezzo i fiorentini, come scherno nei confronti degli assediati, organizzarono una giostra fuori le mura nel giorno del loro santo patrono ed è di questo episodio che parla il poeta.

Citare i versi del XXII canto dell’inferno per far rinascere la giostra nel 1931 è insomma un’incongruenza, come ha recentemente ammesso a denti stretti il presidente della Società Storica Aretina, Luca Berti.

Eppure ad Arezzo c’è chi continua a tirare in ballo orgogliosamente quei versi per accreditare la giostra come tradizione antica anche se non ce ne sarebbe bisogno dal momento che risale al 1260 la più antica testimonianza di un torneo cavalleresco in Piazza Grande, indetto a celebrazione dell’investitura a cavaliere dell’ordine dello Speron d’oro di Ildebrandino Giratasca, ben prima quindi della descrizione dantesca..

Certo non mi sembra il massimo farsi vanto di qualcosa per la quale si è stati presi in giro, comunque, quasi a conferma di non voler capire, ho trovato molti qui che si sentono fieri di essere stati sprezzantemente definiti “botoli ringhiosi” dal sommo poeta, ma passiamo oltre.

Di ogni rievocazione storica la cosa che si apprezza di più, con un minimo di cultura, è l’assoluta aderenza alle situazioni e ai personaggi che si vogliono rappresentare, la congruenza epocale dei costumi e la ricerca di una esatta corrispondenza dei movimenti e delle azioni.

Prendiamo ad esempio gli sbandieratori.
Bravissimi, preparatissimi; ho apprezzato molto la loro performance del giugno scorso in piazza ma…Perché far suonare ai propri musici la “Fantasia dal Nuovo Mondo” di Dvorak nel momento clou della loro esibizione?
Non c’erano musiche rinascimentali, che so, di Adriano Banchieri, di Fabrizio Caroso, addirittura di Guillaume Dufay col suo “L’Homme Armé” o Heinrich Isaac con “Alla battaglia”, da usare al posto di quella del musicista Ceco del 1800?
Cosa c’entra Dvorak col Saracino?

Per fortuna che a giugno gli sbandieratori ci hanno risparmiato le esibizioni ginnico circensi, anch’esse eseguite alla faccia dell’aderenza ai vari trattati rinascimentali e al regolamento della Federazione Italiana Sbandieratori (F.I.S.B.), il tutto per la delusione del sindaco presente e presenziante in tribuna d’onore, il quale, crediamo, aspettasse con ansia questi momenti acrobatici in stile Achille Starace, quasi rievocativi del ventennio.

Per carità, liberi di effettuare questa interpretazione immaginifica del medio evo con esercizi eseguiti magistralmente ma filologicamente poco congruenti con la funzione degli sbandieratori nel periodo rappresentato?
Sono quasi certo che l’aretino medio, preso dalla passione per il proprio quartiere, se ne freghi di queste incongruenze ma chi, venendo da fuori, attratto dalla possibilità di immergersi nell’atmosfera del passato, senta qualcosa di stridente in questa bellissima e affascinante rievocazione.

Per fortuna pure in Arezzo c’è chi usa l’ironia per far ridere anche su questo sacro argomento.

 

2 Commenti

  1. Lo spirito di Siena, invece, dà potere ai suoi cittadini di affiggere, “ogni vergogna deposta”, anche le canzonature loro rivolte: “… e tra’ne la brigata in che disperse / Caccia d’Ascian la vigna e la gran fonda, / e l’Abbagliato suo senno proferse.”(Dante – Inferno XXIX, 130-132).

  2. – parla di medioevo e poi indica trattati rinascimentali
    – parla di fisb quando gli sbandieratori dopo averla fondata non ne fanno parte da oltre 50 anni
    – parla di esibizioni ginnico circensi quando non conosce il significato dietro alla Schermaglia

    ad Arezzo siamo pratici nel distruggere ciò che abbiamo anziché valorizzarlo, quanto meno sarebbe gradito leggere-conoscere-studiare-valutare e poi, se proprio necessario, esprimersi!

    ..avanti così Woody29!

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WOODY 29
WOODY 29
Te le canto e te le suono. Dopo aver girato il mondo, aver visto, giudicato e criticato mille cose, mi sono fermato in questo posto perché ho trovato interessante la varia umanità che lo popola e per l’occasione ho cambiato il titolo al mio brano più famoso: “This land is not my land (but I live there)”. Il testo della canzone invece è sempre valido, qui come in USA.

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