Si dice delle api, scomparissero, giorno infausto per l’umanità.
Mutate le cose che sono da mutarsi, ad Arezzo si dirà degli antiquari e di chi, in genere, abbia bottega di vendita o restauro di oggetti d’arte e di artigianato.
Loro scomparsi in breve, breve tempo e in città resteranno soltanto due categorie commerciali, trascurando qui volutamente le farmacie e i venditori di telefoni: i supermercati e i ristoranti-bar.
Questi ultimi, dal trovarsi in particolare dislocazione e da una loro scelta di specializzazione, avranno la possibilità di ben lucrare; ove si consideri – anche senza bisogno di particolari doti di veggenza – una già affermata tendenza secondo cui è segno di progresso trasformare più o meno storiche platee cittadine (fino a Piazza Grande) in porti di mare, destinati ad accogliere lo sbarco delle ciurme assetate che (specialmente ma non solo) nei fine settimana vi si riversano incontenibili.
Una tendenza che – dando che ancora esista la possibilità di capire dalle piccole le grandi cose – può secondo me vedersi anche nella timida insegna, di ricercato garbo (e non altrimenti avrebbe potuto essere), con su scritto: BAR, che da poco è stata collocata accanto al portone principale di palazzo Lambardi nel Corso, dove si aprono i negozi “SUGAR”.
D’altra parte, io penso che ormai da almeno due decenni tale indirizzo potevasi vedere bene anticipato, considerando quello che i Quartieri organizzano nei giorni del Saracino.
il Ciro
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