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lunedì, Novembre 10, 2025
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Quando tra fratelli la vita divide le strade

Quando l’amore fraterno si perde nel tempo, restano solo memoria, silenzi e ciò che siamo riusciti a comprendere

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✦ Un pensiero di Sabrina Crivellari sul difficile equilibrio tra amore, legami familiari e libertà interiore.

“Ci si nasce insieme, ma non sempre si cresce nello stesso cielo.
A volte la vita sceglie chi deve combattere e chi, invece, dovrà imparare a sopportare in silenzio.

In molte famiglie accade che i fratelli e le sorelle, pur partendo dallo stesso punto, finiscano per guardarsi da lontano.
C’è chi ha dovuto combattere per conquistare ogni piccolo traguardo, e chi, per destino o per caso, ha trovato accanto a sé qualcuno che lo ha protetto, sostenuto, sollevato dalle fatiche quotidiane.
Ma la vita non segue regole né bilanci: capita.
È come il mare, che porta alcune barche a riva e ne trascina altre al largo.
Nessuno ha colpe, nessuno meriti speciali.
Siamo tutti legni spinti dalle onde, e ognuno arriva dove la corrente lo conduce.

Eppure, nel tempo, le percezioni si distorcono.
Chi ha faticato si sente più forte, chi ha avuto più stabilità viene guardato con diffidenza, come se la vita facile togliesse valore alla profondità.
Ma dietro ogni calma apparente possono nascondersi silenzi, rinunce, sacrifici che non si vedono.
Ci sono esistenze che sembrano comode, ma sono state consumate nella dedizione, nella cura, nella scelta costante di non abbandonare ciò che si ama.
Spesso la forza più grande non sta nel partire, ma nel restare.

Può capitare, poi, che la persona scelta come compagno di vita sia molto diversa, a volte più anziana, più rigida, più complessa.
Il primo incontro può sembrare scritto dal destino: uno sguardo, un sorriso, e la sensazione di conoscersi da sempre.
Ma il colpo di fulmine, per quanto travolgente, può diventare anche una prigione.
Quando l’amore nasce da un legame profondo e squilibrato, si rischia di restare prigionieri di quella stessa intensità che un tempo faceva volare.
Ci si resta dentro, non per debolezza, ma perché l’anima riconosce qualcosa che non riesce a dimenticare.

Anche i figli, crescendo, spesso giudicano con occhi nuovi.
Guardano il passato e non sempre comprendono le scelte di chi li ha messi al mondo.
Eppure, dietro ogni unione imperfetta, ci sono motivi che vanno oltre la logica: un desiderio sincero di creare vita, di proteggere, di mantenere intatto ciò che è stato costruito con amore.
Nessun genitore è perfetto, ma pochi sanno quanto coraggio serva per tenere insieme una famiglia quando tutto intorno si incrina.

Col passare degli anni, i ruoli cambiano, i rapporti si assottigliano.
Alcuni fratelli restano vicini, si confidano, si sostengono; altri si allontanano, come rami dello stesso albero piegati in direzioni opposte.
Eppure, anche nella distanza, resta il filo sottile del sangue e della memoria.

Ci sono persone che, con il tempo, diventano più dure, più pronte a giudicare, a puntare il dito, come se la vita altrui potesse essere misurata da fuori.
Ma chi reagisce con rabbia o con livore non ha chiuso davvero il suo cerchio: se una ferita è guarita, non brucia più al tocco.
Negare, disconoscere, cancellare qualcuno — che sia un genitore, un fratello o un compagno di vita — non è segno di forza, ma di dolore non elaborato.
Chi è in pace non ha bisogno di rinnegare: comprende che anche chi ha amato male ha pur sempre amato come poteva.

A volte basta una frase, un confronto acceso, un piccolo “tribunale” improvvisato per misurare la distanza tra chi giudica e chi ha imparato a comprendere.
Ci sono parole che cercano lo scontro e risposte che disarmano senza ferire.
Chi è davvero sereno non si difende: accetta.
Ed è proprio in quell’accettazione che toglie forza all’offesa.
Così accade che, di fronte alla calma, sia l’altro a vacillare — perché la serenità spiazza, non grida, non reagisce, ma fa crollare i muri del giudizio con il peso silenzioso della pace.

Ci sono padri che hanno dato poco perché non avevano imparato a dare, e altri che, pur non avendo figli, hanno saputo essere presenza e affetto.
E non c’è bisogno di scegliere tra uno e l’altro: c’è posto per tutti nel cuore.
Ogni affetto lascia un segno, e la gratitudine non toglie nulla a nessuno.

La serenità nasce proprio da questo: dal riconoscere che ognuno fa ciò che può, con la storia che ha ricevuto.
Chi raggiunge questa consapevolezza diventa più compassionevole, più portato a tendere la mano che ad affossare.
Capisce che siamo tutti in viaggio, e che la vita non chiede di vincere, ma di comprendere.

Tutti, in fondo, siamo imperfetti.
Tutti portiamo dentro un’infanzia che chiede ancora carezze, un piccolo sé che non smette mai di cercare ascolto.
Quel bambino interiore non muore mai: vive in ognuno di noi, anche quando il corpo invecchia e il mondo si fa più duro.
Vuole voce, rispetto, gentilezza.
Ed è solo quando riusciamo a riconoscerlo, in noi e negli altri, che impariamo davvero la compassione.

Perché la vita, prima o poi, mostra che non sempre chi lotta di più è il più saggio,
e non sempre chi tace è il più debole.
Ci sono anime che scelgono la comprensione al posto del giudizio,
la delicatezza al posto dell’orgoglio,
la mano tesa al posto della pietra.
E in quella scelta silenziosa trovano la loro vera grandezza:
non hanno bisogno di avere ragione,
ma soltanto di avere anima.”

S.S.C.

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Sabina Sabrina Crivellari
Sabina Sabrina Crivellari
Sabina Sabrina Crivellari, nata a Milano nel 1955, si trasferisce a Melzo nel 1990. Membro del “GAM” dal 1997, partecipa a mostre locali esplorando diverse tecniche artistiche: ritratti a matita, dipinti a olio, sculture in argilla e quadri in resina. Ha fondato una galleria d’arte e una scuola di cake design. Il quotidiano Il Giorno ha descritto via Napoli 37 come “la Montmartre di Melzo”. Attualmente, si dedica principalmente alla scrittura.
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