Circa una settimana fa, sul giornale “La Luce”, uno dei più importanti organi di informazione dell’ islam italiano, è stato pubblicato un articolo che ripropone con forza l’ipotesi di una giurisdizione islamica in Italia.
In parole semplici, si chiede la creazione di tribunali islamici che devono redimere questioni dal punto di vista prettamente islamico, tribunali totalmente sganciati dalle leggi italiane ed europee.
Le proposte avanzate non sono semplici voci o isolati commenti, ma serie proposte per poter introdurre alla chetichella nel nostro paese, veri e propri pezzi di sharia islamica. Attenzione, qui non si parla di questioni astratte, ma di situazioni che rovesciano completamente la nostra idea di legge e di civiltà.
Matrimoni, affidamenti dei figli, divorzi; tutte problematiche con degli impatti sulla nostra società concreti e devastanti.
Per esempio, se fosse introdotto il diritto di famiglia islamico, parallelo alla giurisdizione italiana, le prime a rischiare sarebbero le donne.
Maryan Ismail, donna musulmana italo-somala, lancia l’allarme: “che necessità c’è di introdurre la legge islamica nell’ordinamento italiano?
Ci sono questioni concrete, importanti: i bambini, gli alimenti.
Il divorzio nell’islam viene chiamato “talaq” per l’uomo (che ripudia) e “khul” per la donna, che invece deve rescindere il contratto matrimoniale restituendo la dote, più una quota aggiuntiva.
La donna dovrà essere molto benestante per permettersi un divorzio!”
E precisa: “molte donne immigrate non lavorano, come farebbero se venisse meno anche la tutela del tribunale italiano?”
Non è la prima volta che organizzazioni musulmane italiane provano a introdurre in Italia ciò che già esiste in altri paesi europei, i tribunali speciali islamici, ma i risultati sono devastanti per quelle nazioni che hanno percorso questa strada, con risultati spesso imbarazzanti e contrastanti.
Leggi emesse da governi in confusione mentale che vorrebbero diritti civili per tutti sapendo di andare contro a quei stessi diritti reclamati da altre forze ideologizzate come le comunità LGBT e contrastate fortemente dagli stessi islamici.
Un perfetto corto circuito sociale da cui non ne usciranno molto facilmente!
Una richiesta, quella degli islamici, assolutamente da bloccare perché crea solo confusione nella nostra società civile.
La maggioranza delle varie comunità islamiche vogliono e pretendono un mondo tutto loro, parallelo, e non vogliono assolutamente integrarsi con il nostro sistema occidentale.
Qui ci si sciacqua la bocca con la scusa dei diritti civili, ma prima di tutto vengono i valori e i doveri, i nostri, partendo anche dalla condizione della donna.
Qui in Italia nessuno è discriminato, e non c’è nessun motivo di dare una via preferenziale al mondo islamico.
Che mi sembra, in fatto di diritti, sia notevolmente mancante.
In effetti non c’è alcun bisogno di introdurre norme religiose islamiche nella legislazione italiana in materia di matrimonio, divorzio, affidamento dei figli, nemmeno se riguardassero soltanto gli aderenti dichiarati alla religione musulmana: essi possono seguirle come atto volontario, se sono credenti in modo coerente.
Allo stesso modo, non c’è alcun bisogno di introdurre norme religiose cattoliche nella legislazione italiana in materia di diritto di famiglia, matrimoni eterosessuali oppure omosessuali, procreazione assistita, interruzione volontaria delle cure per persone gravemente malate, ed altro.
Meno che mai se si pretende che queste norme debbano riguardare tutti, anche i credenti di altre religioni, o i non credenti.
Eppure, proprio questo avviene.
Ricordarsi del paragone tra ciò che si vede nell’occhio del fratello, e la trave che non si vede nel proprio.