Nella città capitale dello Stato italiano è accaduta una rivoluzione e mezza (politica per ora), con l’elezione a sindaco di Virginia Raggi. Nel giorno del primo Consiglio comunale si è vista arrivare con il figlio che poi si è seduto per dieci minuti sullo scranno del sindaco. Esilarante il siparietto con i fotografi, da come lo hanno raccontato i quotidiani, che dopo un serrato fuoco di flash, hanno invitato la sindaca a “faje a merenda”.
Simpatia a parte, mi viene in mente una riflessione sull’opportunità di portare i figli ovunque e comunque, dal Parlamento al Consiglio comunale, dallo stadio alla sede di lavoro. A un personaggio pubblico porta di certo un vantaggio di familiarità e simpatia. A scanso di equivoci, a me piace un mondo (una città, un parco, uno stadio…) a misura di bambino, ma rimpiango i tempi in cui il babbo e la mamma andavano a lavorare o a fare “cose da grandi” e quando tornavano a casa si sforzavano di raccontare con parole adeguate questo mondo molto distante da loro. E i bimbi, magari, provavano a disegnarlo, in un ulteriore sforzo di creatività.
Forse il mio è solo un pensiero da spiaggia. O forse la sindaca ha voluto mandare un chiaro messaggio a lobbysti e affarologhi romani: la torta è finita e il gelato (max 2 gusti) c’è solo per i bambini.