Durante il Rinascimento la condizione degli ebrei in Europa fu segnata da decisioni ecclesiastiche dure e spesso violente.
In Spagna, il domenicano Tomás de Torquemada (Gran‑Inquisitore dal 1483 al 1498) divenne il simbolo della repressione: autodafé, roghi e persecuzioni colpirono conversos ed ebrei. In quello stesso clima di intolleranza perfino le teorie “strampalate” di Cristoforo Colombo sulle Indie rischiarono critiche feroci, anche se l’esploratore riuscì a evitare il rogo.
Con la bolla Licet ab initio (1542) Papa Paolo III istituì la Sacra Congregazione della Romana e Universale Inquisizione — il futuro Sant’Uffizio — per vigilare su eresie e deviazioni dottrinali in tutti i territori pontifici.
Paolo IV: repressione, processi e ghetti
Eletto nel 1555 a 79 anni, Paolo IV (Carafa) radicalizzò il controllo inquisitoriale:
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Riattivò processi contro vescovi sospettati di simpatie luterane, tra cui il cardinale Giovanni Morone, imprigionato a Castel Sant’Angelo e liberato solo alla morte del pontefice.
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Potenziò la struttura inquisitoriale, al punto che i contemporanei parlarono di “Congregazione del Terrore”.
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Con la bolla Cum nimis absurdum (1555) istituì il ghetto di Roma (detto “Serraglio”) e ordinò che in ogni città dello Stato pontificio ci fosse un solo quartiere ebraico.
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Distintivi: uomini con cappello giallo, donne con velo giallo.
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Limitazioni economiche: vietata la proprietà di beni immobili, proibito impiegare servi cristiani, concessione di pochi mestieri (soprattutto commercio di abiti usati).
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Divieti sociali: non farsi chiamare “signore”, nessun contatto superfluo con cristiani, obbligo di chiudere botteghe nei giorni festivi cattolici.
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Nel 1556 l’Inquisizione colpì i “marrani” (ebrei portoghesi convertiti solo formalmente) di Ancona: molti furono incarcerati, una ventina arsi sul rogo. Episodi simili toccarono Siena, Firenze e soprattutto Roma, spingendo mercanti e finanzieri ebrei a emigrare e provocando una sensibile recessione economica.
Alla morte di Paolo IV (1559) la collera popolare esplose: la sua statua in Campidoglio fu decapitata e gettata nel Tevere.
Morale: l’età non giustifica tutto; a 79 anni si può anche diventare pontefici, ma le proprie scelte — allora come oggi — lasciano un’impronta duratura sulla storia e sulla convivenza civile.