Non si è fatto attendere neanche questa volta. Dopo il “rebus hard” tra seni, buchi e politica al doppio senso incorporato, ecco tornare in auge il capocomico di quartiere travestito da primo cittadino, pronto a deliziarci con l’ennesima perla del suo cabaret istituzionale:
“Pronto è l’ospidale? Si buongiorno! Vorrìa prenotà na visita pe la mi moglie dal fregnologo…”
Ma la domanda che ci sorge spontanea, in mezzo a questo show permanente, è un’altra: sta recitando o è proprio così?
Perché ormai è chiaro: ogni sua “scivolata” linguistica, ogni “gag” da osteria, ogni post da bar sport in zona industriale non sembra più una gaffe. Sembra una strategia.
Un algoritmo del consenso in salsa popolare, condito con volgarità gratuita, nostalgia da Drive In e una spolverata di misoginia “bonaria”, che fa ridere solo chi ha smesso di pensare dai tempi del televideo.
Ma c’è di più. Perché più noi ridiamo – o critichiamo, o inorridiamo – più lui sale.
Sì, sale nella scala della visibilità, quell’effetto illusorio da reality, per cui più uno è presente, più sembra autentico. Anche se è solo più rumoroso.
Più uno è volgare, più sembra “vero”. Anche se è solo più triviale.
Più uno è ignorante, più sembra vicino al popolo. Anche se lo sta solo prendendo per il culo.
E allora chiediamocelo, con amara lucidità:
Non è che siamo noi, con la nostra indignazione da tastiera, a costruire il suo trono di like?
Non è che ogni meme, ogni battuta sul “fregnologo”, ogni “ma come si permette!” non fa altro che ingrassare il mostro della notorietà?
Forse sì. Forse il vero rebus hard è nostro.
E la soluzione non sta tra le tette e i buchi. Sta tra la responsabilità e il ridicolo.
Nel frattempo, il sindaco ringrazia.
E prepara la prossima puntata.
Spoiler: ci sarà da ridere. O da piangere. O da votare.