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giovedì, Marzo 28, 2024
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Fra Luigi: 40 giorni in degenza no Covid. Preghiera e solidarietà

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“Nessuno sia lasciato solo. Ognuno sia guardato non solo da Dio ma anche dalla comunità”
“Io non mi annoio mai. Mi aiutano le preghiere e le letture”.
Fra Luigi ha 86 anni ed è un frate cappuccino.
Dal 1963.
Le ultime settimane le ha trascorse in ospedale.
Niente Covid ma problemi respiratori e cardiaci.

“E’ giunto nel nostro reparto con una grave insufficienza respiratoria – ricorda Raffale Scala, Direttore della Pneumologia del San Donato.
Ha avuto quindi la ventilazione meccanica non invasiva: non il casco ma la maschera.
E’ rimasto in ospedale 40 giorni”.
Niente Covid.

La sua storia conferma come l’ospedale aretino continui a garantire prestazioni e assistenza al di là della pandemia.
Fra Luigi è stato un paziente particolare: “un uomo molto discreto che temeva di dare fastidio – sottolinea Scala.
E’ stato molto collaborativo nelle cure ed ha sopportato anche il ventilatore per una decina di giorni, cosa che non accade spesso”.
Dall’ospedale al convento dei Cappuccini di Arezzo.
“I medici erano preoccupati, al momento delle dimissioni, che io continuassi la terapia ed avessi l’assistenza necessaria”.
Così è stato.

Nella sua piccola stanza c’è la bombola e l’apparecchio che lo aiuta a respirare.
Ma ci sono, soprattutto, persone che gli vogliono bene.
Un segno del progressivo ritorno alla normalità: “ho di nuovo celebrato Messa”.
Fra Luigi racconta con commozione ma anche con riserbo:
“sono un francescano e la forma più semplice è quella per me più congeniale ma vorrei comunque ringraziare chi ha avuto cura di me.
Penso sia mio dovere raccontare quanto bene ho ricevuto da medici e infermieri.
Ho trovato persone non solo professionalmente capaci ma anche umanamente molto ricche”.

Usa una parola che definisce da terminologia religiosa: angeli.
“Mi hanno aiutato e protetto.
Quando uno è non solo anziano ma anche malato ha bisogno di tutti e di tutto”.
40 giorni in ospedale, 40 giorni di sostanziale isolamento: “mi è mancata la presenza della comunità in un modo più concreto da quella permessa in ospedale anche nelle degenze no covid.
Mi ha aiutato molto la preghiera e questa permanenza in ospedale si è rivelata importante anche dal punto di vista spirituale.
Si sono creati rapporti belli, anche di amicizia”.

Non positivo al Covid ha comunque vissuto, come tutti, un anno difficile che è culminato con il ricovero: “inizialmente il virus mi ha fatto paura ma poi la mia tensione si è rivolta verso gli altri.
Io ho ormai vissuto molti anni e vorrei che le possibilità che ho avuto io, le avessero anche gli altri.
Vorrei che nessuno si sentisse mai solo, guardato quindi da Dio ma anche dalla comunità nella quale vive.
Anche per questo prego ogni giorno”.

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