Uno studio italiano effettuato dall’Università Cattolica di Roma, in collaborazione con l’Università Magna Graecia di Catanzaro e l’Università di Milano, ha portato a scoprire una grande somiglianza nella struttura della proteina spike del coronavirus umano con quella del cane e del bue, suggerendo dunque l’ipotesi – tutta da dimostrare però – che l’esposizione a questi animali domestici possa dotarci di difese immunitarie ‘naturali’, in grado di attenuare i sintomi di un’eventuale infezione da Covid-19.
Questa ipotesi di lavoro preliminare potrebbe portare in futuro a nuovi trattamenti e vaccini, ma anche a nuovi approcci diagnostici.
Lo studio, descritto sul sito del Policlinico Gemelli di Roma – in uno spazio dedicato alle nuove ‘Pillole anti Covid-19’ – suggerisce anche una possibile spiegazione alla grande variabilità dei quadri clinici osservati nel caso di infezione da Covid-19 (da quelli fatali, a quelli paucisintomatici).
“Gli animali insomma potrebbero aver avuto un ruolo critico nell’innesco e nell’evoluzione di questa epidemia, sia come serbatoio virale, ma anche agendo come fonte ‘benefica’ di particelle virali immuno-stimolanti, in grado di offrire protezione contro il Sars CoV-2 circolante, attenuandone i sintomi.
Una ipotesi di lavoro, che andrà vagliata da studi ed esperimenti ad hoc, concludono i ricercatori.