Santoni non è un passante qualsiasi, ma il liquidatore di Banca Etruria, quello che tre giorni fa, in tribunale, ha disegnato il quadro generale in cui si è consumato il dissesto della nostra banca, quella degli aretini (nel senso che la maggior parte degli apporti in denaro erano di nostra proprietà).
Bene, Santoni ha detto che alla guida della banca, almeno nell’ultimo decennio, c’erano dei ladri incompetenti che hanno dilapidato i nostri soldi (non i loro, ma i nostri).
Lo hanno fatto per ingenuità e incompetenza (secondo Santoni) nei casi dello Yacht di Civitavecchia e di Verdiglione, del quale eviterò per pietà di citare i trascorsi.
Erano invece consapevoli e truffaldini quando per ben 198 volte hanno aperto fidi a se stessi o comunque in conflitto di interessi (cioè a persone o società con le quali alcuni amministratori avevano rapporti più o meno stretti).
Mi permetto di dubitare che nei casi dello Yacht e di Verdiglione ci fosse solo ingenua incompetenza; credo invece che sapessero bene di fare buchi giganti nel momento stesso in cui veniva deliberato un finanziamento.
Ma qui si entra nel campo delle opinioni e mi fermo.
Di sicuro abbiamo avuto a che fare, noi aretini e non solo, con dei ladri in cravatta e senza scrupoli, messi lì a gestire i nostri soldi e il loro potere spesso ostentato.
Speriamo che il processo in corso sia giusto e non finisca nel nulla, perché non sarebbe sopportabile.