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Il calcio è bello, ma…

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Come accade per ogni cosa capire di calcio richiede passione e applicazione.
Chi si limita a dire che si tratta di 22 uomini (o donne, o bambini) in campo che corrono dietro a un pallone per calciarlo nella porta dell’avversario e fare una rete in più degli altri è solo un (o una) ignorante che in quanto tale farebbe bene a tacere.

A calcio si può giocare con varie disposizioni (moduli) in campo sia nella fase in cui si difende che quando si attacca.
In entrambe le fasi i possibili movimenti dei calciatori sono infiniti e dipendono da scelte proprie, ma anche da quelle della squadra avversaria.
Nel calcio a livelli importanti ogni disposizione o movimento degli avversari comporta una reazione capace di metterli in difficoltà.

Certo, poi contano molto anche i risultati (quindi chi segna almeno un gol più dell’altro) e alla fine di un torneo o di un campionato chi fa più punti vince… no, non è più così, non è più vero da tempo che chi vince o perde sul campo dopo un intero campionato riceve il premio o la penalizzazione sportive meritate e conseguenti.

Da troppi anni si sale di categoria (o si scende) per via di decisioni a tavolino o addirittura in tribunale.

Nel caso dell’Arezzo, ad esempio, la squadra di Dal Canto che gioca tra i professionisti (!) in serie C non sa ancora quali saranno i propri avversari, o almeno non tutti.
Questo a distanza di tre mesi da quando il campionato avrebbe dovuto avere inizio.
Questi fatti fanno sì che gli sportivi, quelli appassionati al gioco del calcio sul campo, si spazientiscano e perdano la passione, la voglia di seguire la propria squadra del cuore.

E’ una schifezza, che tuttavia non renderà il gioco del calcio meno bello, perché lo schifo sta intorno, non sul campo, tra i ventidue calciatori che ce la mettono tutta per far vincere la propria squadra.

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Pietro Aretino
Pietro Aretino
« Qui giace l'Aretin, poeta Tosco, che d'ognun disse mal, fuorché di Cristo, scusandosi col dir: "Non lo conosco"! » (Ironica epigrafe indirizzata all'Aretino da Paolo Giovio[1]) È conosciuto principalmente per alcuni suoi scritti dal contenuto considerato quanto mai licenzioso (almeno per l'epoca), fra cui i conosciutissimi Sonetti lussuriosi. Scrisse anche i Dubbi amorosi e opere di contenuto religioso, tese a farlo apprezzare nell'ambiente cardinalizio che a lungo frequentò.
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