Niente da dire sulla ricerca dell’ironia nella cartellonistica che avviserà gli aretini dei cantieri stradali che partiranno tra poco.
Magari se si utilizza l’aretino bisogna anche farlo come si deve, visto che è l’amministrazione pubblica a promuovere la cosa.
Gamurrini (in combutta con Comanducci) mi chiede di votare tra i vari cartelli ideati, ma prima de metteli ai voti li scriva perbene!
Sul primo (vedi immagine sopra) niente da dire, è carino e ben scritto.
Il secondo invece riporta un “va piano che dè un nicchio” certamente sbagliato, perché de’ va scritto con l’apostrofo e non con l’accento, visto che sostituisce il “da” di “dai” e manca della “i” finale.
Il terzo contiene un errore veniale, infatti manca un “che” che qualsiasi aretino pronuncerebbe di sicuro.
“Visto ce costa” andrebbe sostituito da un migliore “visto che ce costa” o più semplicemente da “visto che costa”.
Sul quarto c’è da ridire sia per la forma che per i vocaboli utilizzati:
“unn’aviare” è una forma possibile, ma da considerare sbagliata, perché “‘un” che poi raddoppia giustamente la finale, viene da “non” ed è privato della “n” iniziale, quindi vorrebbe l’apostrofo che precede e non quello che segue (che pure ha un senso per via del raddoppio della n in collegamento con la parola successiva “aviare”).
In sostanza alla fine manca un apostrofo prima della “u”.
C’è poi da segnalare che la forma aretina è botecare più che buticare.
Al più buticare può essere considerata come una forma arcaica ormai completamente in disuso.
Complessivamente gli assessori Gamurrini e Comanducci, estensori dei testi, meritano un 5+ non propriamente glorioso in aretino contemporaneo. 🙂
Per scrivere in aretino senza cadere nel tritello, ci vuole chi sappia scrivere in italiano. Un aretino che possa dare sicuri consigli in tal senso è il professor Alberto Nocentini.