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La gazzarra degli pseudogiornalisti banderuole al vento: almeno Ghinelli aveva pianto, come i coccodrilli!

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L’Ortica aveva tirato gli orecchi al sindaco Ghinelli che, dopo aver perso giornate intere dietro a Marco Matteoni, vestito da salvatore della patria amaranto, dopo averlo accompagnato allo stadio contro la Carrarese al fianco di un altro salvatore, questa volta di Roma, il camerata Alemanno, si era messo a piangere scusandosi con gli aretini per esserci cascato, ”beffato” – aveva detto- da chi non aveva mantenuto la promessa di pagare gli stipendi ai giocatori.

E’ vero – lo aveva già detto l’Ortica – stava perdendo tempo con l’ultimo degli avventurieri romani arrivati ad Arezzo convinti che gli imprenditori aretini, che di questi tempi tirano la carretta anche per salvare i loro dipendenti, abbiano l’anello al naso: era preoccupato più dello stipendio di Moscardelli e del futuro dell’Arezzo che degli stipendi dei 150 dipendenti della Del Tongo e del futuro dell’ennesima azienda sulla via del fallimento, una di quelle con le quali vivono tante famiglie e non una ventina di giocatori.
Tutto vero, ma almeno il sindaco Ghinelli ha ammesso lo sbaglio.

Chi, invece, nelle vesti parecchio strette di giornalista, fa tutti i giorni la morale ai politici si guarda bene da ammettere di aver preso il solito granchio con Matteoni.
E, convinti che il mondo giri tutto intorno all’Arezzo, dopo aver tentato di far finire il terremoto che devasta l’Arezzo con una candela alla Madonna del Conforto, quasi che la Madonna del Conforto non abbia da pensare ad altri terremoti ben più devastanti per le famiglie aretine, invece che piangere, come ha fatto Ghinelli, sul latte versato insieme agli ultras vestiti da dirigenti soci di Matteoni, salutandolo con microfoni aperti e telecamere accese, con taccuini zeppi di inni al liberatore arrivato con la bomba atomica da buttare sopra lo stadio che cade a pezzi, si sono vestiti loro dei panni dell’esercito liberatore.

Non per cacciare il loro vecchio eroe venuto ad immolarsi sull’altare dell’Arezzo con la bomba atomica, ma, tanto per non sbagliare un ‘altra volta, per cacciare dallo stadio chi si è ritrovato con il fiammifero acceso in mano, Fabio Gatto e promette di pagare gli stipendi con i soldi che sta cercando un fantomatico advisor, pena il fallimento.

Questa volta niente inni, solo urla e insulti in quella che avrebbe dovuto essere una conferenza stampa, riservata appunto ad una stampa che si è travestita da esercito della salvezza, e che ha avuto tutta l’aria di un poligono di tiro a segno, con tanto di forze dell’ordine a proteggere il malcapitato Gatto dall’assalto delle truppe armate di telecamere e taccuini.

Questa volta subito all’assalto per cacciare l’invasore, senza concedergli la facoltà di rispondere a domande che non fossero inviti a levarsi di torno.
Andati a una conferenza stampa in assetto di guerra, pronti a immolarsi, non con le corone di alloro che avevano finora messo sulla testa di chi arrivava da Roma a promettere le bombe atomiche, ma con gli insulti preventivi a chi ora dovrebbe pagare gli stipendi ai giocatori, quelli che aveva promesso di pagare l’eroe che si è dato alla macchia.

Non sarà mica per questo che tempo fa si è levato di torno chi ad Arezzo aveva portato Pasqual, Ranocchia, Floro Flores, Croce, Abbruscato, Corazzieri, Conte, Sarri, Semplici.
Tanto per fare qualche nome e tanto per ricordare i tempi della serie B.

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