Si legge in uno scritto dedicato al fenomeno del Viva Maria:
“Come tutti i fenomeni contro-rivoluzionari, anche quello del Viva Maria è fenomeno prevalentemente popolare in difesa delle tradizioni religiose e culturali, nonché del patrimonio, pure materiale, delle comunità locali.
Contro le armate francesi e le milizie “italiche”, portatrici di un messaggio ideologico astratto e confliggente con l’identità storica e religiosa delle mille piccole patrie italiane, le popolazioni della penisola, mosse da un forte senso di appartenenza e di radicamento territoriale, reagiscono con le modalità proprie delle insurrezioni e mostrano, in modo inequivocabile, la loro avversione alla Rivoluzione sia nella realizzata versione francese che in quella potenziale italiana.”
Insomma, già all’epoca gli aretini erano antimodernisti, ottusamente attaccati all’orticello provinciale, incapaci di vedere il beneficio delle rivoluzioni liberali che avrebbero portato la modernità di una società più laica, meno bigotta e sopratutto capace di ammodernare un paese di fatto fermo al Medioevo, (dopo la parentesi Umanistica e Rinascimentale di grande fervore artistico e culturale, spesso in antitesi con la Chiesa.
Se Arezzo e l’Italia sono diventati moderni certamente lo si deve più alla Rivoluzione che all’immobilismo e al controllo repressivo di un Cattolicesimo che ha tenuto (oggi non più per fortuna) il popolo ignorante e divorato dai sensi di colpa, spaventato dalla minaccia di un Inferno più che blandito dalla promessa di un Paradiso.
Oggi qualche elemento dalle visioni arcaiche propone di glorificare un movimento, quel Viva Maria, che produsse solo danni, che cercò di impedire ad Arezzo di diventare moderna, laica e più equa.
La Chiesa ha prodotto più danni che benefici, speriamo che questi bizzarri pensieri di valorizzare cose ignobili siano presto ricondotte a più miti consigli.